Calabria: il Consiglio regionale mette il bavaglio ai giornalisti?

Bocche cuciteCome osserva giustamente un collega del Corriere Calabria sul suo profilo Fb, mentre in Italia si discute della libertà di espressione sul web e dei suoi limiti, in Calabria siamo inchiodati a un “Protocollo di intesa” tra il Consiglio regionale da un lato, ordine regionale e nazionale dei giornalisti dall’altro,  in base al quale i giornalisti non possono più stazionare liberamente all’interno del Palazzo, ma dovranno necessariamente svolgere il proprio lavoro in un particolare ambito, chiamato «Corpo A1» (dove dovranno svolgersi le interviste ai consiglieri) e solo dopo aver avuto l’ok dell’Ufficio stampa del Consiglio. Per poter varcare il portone d’ingresso ci vuole (sempre) l’autorizzazione dell’Ufficio stampa. E anche, udite udite, un abbigliamento consono all’istituzione, cioè giacca e cravatta! Ne ha scritto, tra i tanti, Carlo Macrì del Corriere della sera, di seguito il suo articolo e in coda il protocollo. Con un’ultima nota: il 3 maggio si è celebrata in tutto il mondo la giornata della libertà di stampa, e nonostante le giustificazioni e sacrosante spiegazioni addotte per rappresentare il Protocollo come uno strumento a vantaggio dei giornalisti (tra le quali anche il no a lavoro nero e sfruttamento, con il divieto di accesso a chi è privo di un posizione contributiva Inpgi), non sono convinta che questo sia un buon modo per festeggiarla. tp

CALABRIA. La Regione si «blinda» contro i giornalisti. Niente interviste e riprese senza l’ok ufficiale. Polemiche e critiche per l’accordo firmato tra il Consiglio regionale e l’Ordine: limiti a interviste e libertà di movimento

di  Carlo Macrì – www.corriere.it

Reggio Calabria, 3 maggio 2013.  È proprio vero quando si è morsi dal serpente, si ha paura della biscia. Il presidente del Consiglio Regionale della Calabria Francesco Talarico (Udc), ha imposto ai giornalisti della Calabria regole restrittive per l’accesso nella sede della massima istituzione calabrese.

LIMITI DI MOVIMENTO – Nel protocollo d’intesa sottoscritto in comune accordo con la Federazione nazionale della stampa, il sindacato e l’Ordine della Calabria, sono descritte le modalità d’accesso dentro l’Astronave e i limiti entro cui muoversi. I giornalisti, infatti, non possono stazionare liberamente all’interno del Palazzo, ma dovranno necessariamente svolgere il proprio lavoro in un particolare ambito, chiamato «Corpo A1», e solo dopo aver avuto l’ok dell’Ufficio stampa del Consiglio. I cronisti non possono poi assolutamente incontrare i consiglieri regionali se non nello spazio loro riservato. Una sorta di «recinto stampa», dove tutti insieme potranno intervistare i politici. Proprio come se si trattasse delle interviste del fine gara, con telecamere e taccuini aperti dove ognuno può ascoltare cosa dice l’altro.

DOMANDE VIETATE – Se, per caso, il giornalista incontrasse sulle scale il «consigliere x», gli è vietato porgere domande, pena la cancellazione dal registro degli accreditati. Impossibile poi seguire i lavori delle Commissioni. Ai cronisti è impedito l’accesso al Palazzo se non nei giorni in cui è previsto il Consiglio. Per poter varcare il portone d’ingresso ci vuole l’autorizzazione dell’Ufficio stampa. L’iniziativa che non ha precedenti in Italia, se non nei tribunali, appare come una sorta di «controllo preventivo» o di bavaglio per l’informazione. E si presenta spregiudicata perché, oltre alla firma del presidente Talarico, il protocollo d’intesa è stato sottoscritto da Giovanni Rossi, segretario nazionale della Federazione della Stampa, da Carlo Parisi e Giuseppe Soluri, rispettivamente segretario regionale e presidente dell’Ordine della Calabria. Per quest’ultimi l’idea della regolamentazione agli ingressi nel Palazzo della politica è «una scelta per tutelare i professionisti e pubblicisti con contratto, evitando che il Palazzo sia frequentato da cronisti precari». Ed è per questo che l’Ufficio stampa ha chiesto a tutte le testate l’accredito per i loro giornalisti impegnati nell’attività politica.

CONSIGLIERI SOTTO ACCUSA – Ma se si può essere d’accordo su questa iniziativa, certamente è da condannare l’idea che per svolgere il proprio mestiere il cronista che si presenta al Consiglio Regionale della Calabria debba avere limiti e perimetri dove poter svolgere il proprio mandato, e comunque mai in libertà perché da oggi è necessario, per qualsiasi iniziativa, il consenso dell’Ufficio stampa del Consiglio regionale. Un’idea birichina perché giunge all’indomani di alcune iniziative giudiziarie che hanno messo sott’accusa dieci consiglieri regionali (ma il numero è destinato ad aumentare) che avrebbero dilapidato il patrimonio dei propri gruppi con viaggi, cene e con l’acquisto di beni che nulla hanno a che fare con il loro mandato politico. I politici calabresi probabilmente vorrebbero una sorta d’impunità preventiva, e non gli sta bene che i cronisti spulcino dentro le loro attività, né tanto meno amano il confronto o le interviste su fatti incresciosi di mala politica.

LE REAZIONI – Il regolamento d’accesso al Palazzo della politica calabrese sta già provocando una serie di critiche e di opposizioni tra i giornali regionali e i siti. Molte le testate che hanno deciso di praticare l’embargo sulle veline e sui comunicati stampa che provengono dall’Ufficio stampa del Consiglio regionale.

cmacri@corriere.it

 

By Teresa

Giornalista, ora anche blogger, vive nei dintorni di Soverato con il marito Orlando e i due figli Viola e Luigi. Cerca di scrivere quello che di bello e di brutto succede nella sua terra, e conservare obiettività e serenità anche quando il contesto non aiuta.

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