Matteo aveva solo quattro giorni. Ed è morto in ospedale. A Soverato i genitori avevano trovato il reparto “chiuso” (per mancanza di organico). Che sanità è questa?

Ospedale Soverato - Reparto PediatriaSi può arrivare al pronto soccorso di un ospedale in un momento “sbagliato”? A Soverato sì. E’ successo al piccolo Matteo Zangari, il neonato di Davoli (Cz) morto mercoledì scorso dopo soli quattro giorni di vita. Era nato sanissimo la sera del 30 agosto, Matteo. Almeno a quanto affermano dal reparto di ginecologia e ostetricia del nosocomomio soveratese. “Il bimbo era nato in piena salute da una gravidanza perfettamente fisiologica, ed è stato dimesso in ottime condizioni dal punto nascita”, conferma Domenico Perri, primario dell’unità operativa di ginecologia e ostetricia. Nei giorni seguenti, però, qualcosa non va. Il suo pianto continuo e la sua inappetenza preoccupano i genitori, che decidono di portarlo all’ospedale di Soverato, che per fortuna è a due passi da Davoli, il paese dove abitano. Sono da poco passate le sei. Il problema è che prima delle 8 a Soverato l’assistenza pediatrica non c’è più. In quella fascia oraria, infatti, il reparto è stato “chiuso” nel senso che non c’è la guardia attiva notturna da parte dei pediatri, reperibili solo se chiamati dal punto nascita al momento del parto. Una disposizione dell’asp del luglio 2013 all’epoca guidata da Gerardo Mancuso, giustificata con la carenza di organico, contro la quale da tempo cittadini, utenti e personale protestano senza essere ascoltati. Ma torniamo a Matteo. Il ps lo accetta, pur sapendo che in reparto non ci sono i pediatri, dal momento che i primi soccorsi possono essere spesso salva-vita.

Sono le 6.40 circa, il piccolo viene esaminato dal personale presente e intanto viene allertata l’infermiera vigilatrice su al terzo piano, che ospita i reparti di ginecologia e ostetricia da un lato, pediatria dall’altro. L’infermiera chiama di corsa la pediatra, che pur non essendo in servizio arriva subito, intorno alle 7.30, considerata l’urgenza del caso. Mentre compie gli accertamenti dovuti e presta le cure necessarie, la dottoressa si rende conto che la situazione di Matteo richiede il trasferimento in altro ospedale, e procede chiamando l’autoambulanza. Che poco dopo le nove arriva prendendo in carico il bambino e partendo a tutta velocità per l’ospedale Pugliese-Ciaccio di Catanzaro, dove arriva mezz’ora dopo. Qui il piccolo viene visitato e portato subito in terapia intensiva. Le sue condizioni sono però critiche. Matteo non ce la fa e muore dopo un paio d’ore.

Una morte le cui ragioni sono ancora sconosciute. Ci si augura che dagli accertamenti giudiziari (domani alle 16 l’autopsia sul corpicino del piccolo) emerga la verità su cosa è successo, come sperano i genitori di Matteo, assistiti dall’avvocato Cosimo Albanese. La ricostruzione dei fatti e delle eventuali responsabilità è nelle mani della magistratura, che sta facendo il suo lavoro con l’apertura di un fascicolo da parte del sostituto procuratore Vincenzo Luberto, dal quale risultano già undici gli indagati tra medici e infermieri dell’ospedale di Soverato e del Pugliese-Ciaccio di Catanzaro. Se non si può certo puntare il dito contro nessuno, però, qualche considerazione è doverosa. I tagli alla continuità assistenziale, come appunto la chiusura notturna del reparto di pediatria a Soverato, stanno producendo disagi e incertezze sia nei piccoli pazienti che nel personale, come documentano proteste pubbliche, appelli, racconti dei quali diamo conto da oltre un anno.

Forse sarebbe il caso di riflettere una buona volta sull’opportunità di ripristinare la piena funzionalità di presidi che rappresentano l’ultimo baluardo di un territorio che ha già subito diverse chiusure di ospedali, da Chiaravalle a Serra S. Bruno. E che chiedono di non restare scoperti rispetto al fondamentale diritto alla salute, soprattutto dei più piccoli. Giusto qualche giorno fa eravamo tornati su questo argomento, denunciando l’odissea e lo sbigottimento di una turista romana alle prese con la pediatria “a orario” dell’ospedale di Soverato. Riletta con il senno di oggi, quando purtroppo è successo qualcosa di molto più grave, quella denuncia fa riflettere. E chiede risposte urgenti non solo alla magistratura, ma anche alla politica e alle istituzioni.

Teresa Pittelli

 

By Teresa

Giornalista, ora anche blogger, vive nei dintorni di Soverato con il marito Orlando e i due figli Viola e Luigi. Cerca di scrivere quello che di bello e di brutto succede nella sua terra, e conservare obiettività e serenità anche quando il contesto non aiuta.

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