Soverato – Teatro del Grillo, Lello Arena è “L’avaro”

Dopo il grande successo nei maggiori teatri italiani arriva domenica 9 marzo al Teatro del Grillo Lello Arena con un grande classico, divertente e poetico

Quando ci si appresta a preparare l’ennesimo allestimento di una commedia classica è sempre lecito porsi una domanda: quale perdurante valore consente ad alcune scritture teatrali di attraversare i tempi incontrando e provocando in modo continuo e sempre nuovo l’interesse di pubblico ed artisti?
Nel caso specifico de L’avaro di Molière ci si chiede anche cosa permetta all’aridità spirituale e materiale di Arpagone di essere ancora oggi tanto leggibile e fruibile; cosa le abbia consentito di attraversare tre secoli ed essere ancora attuale. E’ certo che l’artificio drammaturgico molieriano ha un’efficacia oggettiva. Esiste, però, un altro valore altrettanto incontrovertibile che fa da contrappunto alla meticolosa tecnica di punteggiatura teatrale di Molière. E’ quello evidenziato e rappresentato da un mondo intimamente corrotto di straordinaria e persistente
contemporaneità. Un mondo che Molière anima di complottismi, di ipocrisie, di arrivismi, e che abita di fingitori, spreconi, faccendieri, di fronte ai quali l’avaro Arpagone si erge quasi come figura e sinceramente reo-confessa, pervasa, in fondo, da una profonda onestà intellettuale. Lui è naturalmente complementare a tutti gli altri, il suo vizio lo conduce ad una solitudine apparentemente compiaciuta e strafottente, ma che lo costringe a perdere poi quasi più di quanto abbia cercato di trattenere. E’ incapace di donare il suo tempo e se stesso, valuterebbe il dono come una perdita e la perdita è spreco e lui è un economo conservatore, non può sprecare. E’ un posseduto dal denaro, accumula ma non usa, diffida, sospetta, accusa, impone, la sua insana fragilità lo destina al drammatico succedersi di buffo e tragico.
Una ritmica recitativa incalzante, mira all’esasperazione del vertiginoso virtuosismo teatrale del testo. I personaggi sembrano addirittura attraversare le epoche (come se la tela si aprisse nel ‘600 e calasse sul 2000) in una successione di stili che si snoda nell’immutabilità della trama originaria. Intorno un perimetro, quasi museale, di teche che custodiscono una nutrita e cangiante collezione di sedie (il collezionismo come altra declinazione dell’avarizia: ossessione del possedere?). Sedie di epoche diverse in cui è possibile leggere il segno del potere, ma anche quello dell’assestamento e, conseguentemente, dell’impigrimento e della devitalizzazione.
Simbolo e segno, insomma, di quella depressione dissimulata di Arpagone che gioca, combatte e si dimena con indomito furore e spaesata dabbenaggine contro le maschere della borghesia e contro i
fantasmi della propria psiche.

Domenica 9 Marzo 2014
Turno A: ore 17.00 – Turno B: ore 20.45
per gli abbonati: spettacolo in abbonamento ROSSO E BLU

 

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