Vita e poetica di Vincenzo Guarna nel ricordo di Fabio Guarna

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Ci sono incontri tra persone e poi ci sono incontri di anime. La differenza è che i secondi non hanno limiti di spazio o di tempo e di norma si fanno ricordare. Il mio incontro con la miglior anima poetica di Vincenzo Guarna è avvenuto circa dieci mesi fa, quando lui non c’era più e io navigavo la Rete non sapendo che in quell’occasione avrei letto un qualcosa difficile da dimenticare:

Scrivete sulla mia tomba: Visse
per ischerzo”. Il mio
inferno
in questa epigrafe. Perchè
i giorni tramarono vicende
e io in quelle vicende,
senza convinzione.
Ho sofferto, ho lottato
senza convinzione: anima
divisa, inerte
volontà. E vissi
per ischerzo e oggi
nulla
è veramente mio. Un muro
sotto la luna, il tedio
dei ricordi, questo
vuoto disagio

Raramente, o forse mai – l’ho già scritto mi pare – mi era capitato di imbattermi in una creazione artistica di un contemporaneo che avesse la qualità estetica di un classico e che alla stregua delle opere di quei maestri del passato mi inducesse a fermarmi. E a pensare. Ancora oggi quando mi confronto con questa epigrafe mi ritrovo come colei che tenta di dissetarsi alla fonte ben sapendo che l’acqua che berrà non sarà sufficiente a placare l’arsura. Leggo e rileggo, rimugino e rifletto ma per quanto ci provi non riesco ad abbracciare la totalità di ispirata visione retorica che questo lavoro denota e connota, a momenti come un poema d’altri tempi, a tratti come una nenia cantilenante, una rara canzone malinconica, un frammento modernista rubato all’illuminazione dell’istante. Ad un tempo questo mioshortcoming non mi preoccupa. Un’altra caratteristica degli incontri di anime è che si spiegano senza troppe parole. Mi verrebbe da concludere perciò che Vincenzo Guarna ha semplicemente detto tutto ciò che avrei voluto dire io sull’importantissima tematica trattata, ha detto persino quel qualcosa in più che non mi sarebbe mai riuscito di agguantare, da qui lo scarto, e l’ha detto in maniera meravigliosa.

Nella sua prefazione alla raccolta Visse per ischerzo, il prof Antonio Barbuto (vedi seconda parte dell’articolo) scrive di Vincenzo Guarna “Io credo però che al fondo di tutte le sue convinzioni ci fosse il tarlo della certezza che lui fosse destinato all’incompiutezza, dilaniato da un dissidio profondo e irrisolvibile”. Concordo. È una delle tante verità che racconta questa epigrafe. Ma più che di tarlo io avrei parlato di grandecoscienza dell’incompiutezza in Guarna, perché è anche questo uno degli elementi che fanno di Visse per ischerzo una costruzione di così ampio respiro, nel senso che quel destino che marcia spedito verso l’incompiutezza riguarda in fondo tutti noi, la maggior parte di noi. Mi domando quindi come rifletteva questo sentire ossimorico dell’intelletto, questo “tarlo” capace di segnare il limite dell’io-lirico e autorale e ad un tempo di esaltarlo, sul versante umano. Che uomo, che padre è stato Vincenzo Guarna? L’ho chiesto a Fabio Guarna, uno dei suoi figlioli, che così mi ha risposto: “Stando a stretto contatto con lui era difficile distinguere il suo tratto intellettualmente impegnato dall’aspetto umano. Di certo, anche nei temi più banali riusciva a dare un taglio culturale che rendeva l’argomento interessante e piacevole da ascoltare. Quando affrontava i problemi tendeva a minimizzarli; non so se lo facesse perchè era convinto che in fondo nulla è importante nella vita o se lo dicesse per non scoraggiare chi lo ascoltava. Probabilmente nei confronti delle problematiche di salute e più in generale personali (famiglia), minimizzare, era anche una forma di protezione. Non si può nascondere che il suo umore era difficile da interpretare, soprattutto in pubblico. Un giorno spiegò che preferiva non mostrare ira perchè il suo volto si sarebbe imbruttito e non gli faceva piacere non apparire bello. Un suo ex-allievo mi ha raccontato che lo vide molto triste, fatto di cui si diceva estremamente sorpreso, una sola volta. Ovvero quando scoprì che il testo di un canovaccio che aveva scritto, affidato ad uno studente, era andato perduto e di avere notato che era uscita una grande opera di un importante regista che incredilmente assomigliava a quella che aveva prefigurato”.

Come un animale ferito, sedevi
la gran parte dei tuoi giorni nel tuo
angolo di stanza e il tuo silenzio,
come un rimorso senza colpa,
mi feriva e offendeva. Poi ti guardavo,
così esile, così perduto nel lembo
di vita che t’avanzava e si scioglieva
la mia rancura in una pena muta.

La strofa sucitata è tratta da Elegia al padre, un lavoro di Vincenzo Guarna che ha ricevuto meritata attenzione. Tra i versi di quest’elegia traspare quello che è in fondo un incondizionato affetto filiale, una coscienza dell’identità che ha plasmato anche il vivere quotidano dell’autore, nato in Croazia. “L’esperienza di Caisole è stata molto breve” precisa però Fabio Guarna. “A 6 anni era già tornato in Italia, appena in tempo perché qualche anno dopo quei luoghi sarebbero stati ricordati da tanti italiani per i massacri delle Foibe. I ricordi di quella terra sono molto legati a quelli del padre, mio nonno e alla carriera militare che Vincenzo, forse per la grande stima che nutriva nei confronti del suo genitore, avrebbe voluto fare come esperienza. La mia idea è che egli sentisse il fascino della divisa, che non vi fosse dietro una vera convinzione di vita. Rientrati in Italia, ricordava che il padre, maresciallo di finanza, esemplare per il suo senso del dovere, rovesciò in un bagno di Satriano del caffè che aveva trovato nelle valigie, arrabbiandosi molto perché la moglie, mia nonna, probabilmente inconsapevolmente l’aveva portato anche ad insaputa di lui in Italia in quantità maggiore di quella che era consentita al passaggio della dogana. In generale però mio padre amava molto viaggiare e se non poteva andare in una località ne studiava bene le caratteristiche, la storia ed altri aspetti da sembrare di esserci stato (ah se avesse potuto conoscere Google Maps!!). Non fa meraviglia se del suo paese natio sapesse tantissime cose che probabilmente neanche gli abitanti di quel posto conoscono”.

Vincenzo Guarna ha insegnato a lungo nelle scuole calabresi: perché la Calabria? E quale era il suo rapporto con quella speciale missione? “In Calabria c’era vissuto e dopo la brillante parentesi universitaria”racconta ancora Fabio Guarna, “era tornato per non lasciare la famiglia, abbandonando le prospettive che l’Ateneo Messinese, con in testa Giorgio Petrocchi, gli offriva. Petrocchi – come racconta mia madre, siciliana conosciuta a Messina, laureatasi in filosofia e storia nella stessa Università – lo stimava e definiva un grande talento ma piuttosto pigro. In realtà spesso non si trattava di pigrizia in quanto il tempo gli era avaro perché la bontà d’animo lo portava a trascurare ciò che lo avrebbe gratificato preferendo dedicarsi agli altri. Vincenzo amava comunque la sua terra e Satriano in particolare”.

Fabio, ci regali qualche altro ricordo di figlio? “Uno dei momenti che mi torna spesso in mente, risale all’anno in cui ci ha lasciato (nda 2005). Eravamo insieme in auto e stavamo passando davanti alla scuola alberghiera di Soverato che per più di 20 anni aveva diretto. Stava bene in salute e nessuno dei due pensava che da lì a poco quelle passeggiate in macchina sarebbero finite. In genere, poco propenso a vantarsi (avrebbe avuto bisogno di un moderno corso di autostima), commentò guardando l’Istituto: “Bè l’ho proprio fatto io, quando sono arrivato aveva meno di 100 alunni e quando mi sono congedato ne aveva oltre 1000. Eppure avrei potuto fare tanto di più se i problemi di salute in famiglia non mi avessero assorbito com’è accaduto”. “Sulla tua lapide fatti scrivere – risposi scherzando – visse al 5%’ come Montale”. E lui di rimando: “Veramente, preferirei ‘Visse per ischerzo’“. Io all’epoca non conoscevo la sua epigrafe e pensavo ad una battuta. Quando ci ha lasciato io, mia sorella Francesca e mia madre decidemmo di far scolpire i versi di Per finire di Montale sulla sua tomba. Scoperta, in seguito, l’epigrafe, abbiamo pensato di aggiungerla. Infine quando l’Amministrazione Comunale di Satriano ha voluto raccogliere alcuni suoi scritti in un volume, abbiamo proposto il titolo Visse per Ischerzo che è stato condiviso ed è molto conosciuto e apprezzato sul web”.

DE BELLO SOMALO
A Mogadiscio è ferma la Legione
Francese, in strada. Passano persone
Su un autocarro. Spara il Legionario.
E fa due morti, a scopo umanitario.

Tra le tante creazioni che mi piace definire trilussiane di Vincenzo Guarna, questa breve composizione sulle contraddizioni insite nelle missioni militari di pace, dà evidenza dell’humus brillante dentro il quale nasceva la sua arte. Dà testimonianza di uno spirito pronto, a tratti irriverente, impegnato quel tanto che basta. Di uno spirito le cui importanti ragioni intellettuali sapevano vivere in una con le altrettanto grandi necessità del suo essere uomo. Mi chiedo dunque quale sia l’eredità umana ideale che ha lasciato il padre al figlio, alla famiglia.  “E’ difficile rispondere” mi confessa Fabio Guarna. “Sono convinto che si sarebbe divertito lui a dare una risposta che sarebbe stata sicuramente brillante. Ma non posso e non possiamo dimenticare di lui e sentire come nostra, la generosità, il sacrificio per il prossimo, l’aiuto disinteressato e l’incapacità a dire no; ancora l’ironia, l’ingegno, la battuta pronta, l’essere brillante. E soprattutto il suo carattere discreto e riservato che lo ha fatto diventare una “comparsa” nell’universo della letteratura del ’900 che probabilmente gli avrebbe potuto assegnare un posto da protagonista”.

Rina Brundu (Rosebud – Critica, scrittura, giornalismo online)

 

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