Le nostre aree interne

presadirettaSpero abbiate visto la puntata di Presa Diretta di RAI3 domenica, sostanzialmente utile per la Calabria: intanto non era in dialetto con i sottotitoli e non si parlava di morti ammazzati più o meno per mano mafiosa, e nemmeno di marce e professionisti vari dell’antimafia segue cena; e poneva il problema delle aree interne soprattutto da un punto di vista economico.

Pare un’eresia: finora ci hanno insegnato tutti i dotti che la Calabria si doveva trasferire in massa sulle coste; e ora ci dicono che si può benissimo lavorare e guadagnare e star bene in luoghi di alto valore turistico come Altomonte (ma l’elenco sarebbe lunghissimo) e allevando bestiame e facendo salsicce e formaggi come i nostri avi dai tempi del re Italo.

Applichiamo tale tesi alle nostre aree interne. Vero che alcuni paesi sono quasi spopolati, o li abitano ormai solo persone in età non molto produttiva. Ma altri sono ancora vitali, anzi in espansione edilizia neanche tanto male. Non faccio nomi per non suscitare inutili chiacchiere. Vediamo se l’interno ha delle potenzialità economiche.

Il nostro interno è collinare e di montagna fino al 1200 metri e oltre.

La montagna potrebbe offrire il suo prodotto per eccellenza, il legno: ma non è per niente ovvio che l’attuale patrimonio arboreo sia l’unico o il migliore possibile, o abbia utilizzazione e mercato. Si aggiungono funghi e altri prodotti del sottobosco, che però richiedono piccole aziende e valida commercializzazione.

La collina era fino a non molto tempo fa ricca di prodotti rinomati come patate e fagioli etc. e il mais: diciamo che se ne sono perse le tracce.

Si può tornare all’agricoltura di collina? Sì, a patto che si ricostituiscano le unità agrarie minime convenienti. Gran parte del territorio è parcellizzato in piccolissime proprietà sostanzialmente abbandonate. Io sono per quello che chiamo scherzando ma non troppo ESPROPRIO PROPRIETARIO: se un coltivatore vero ha bisogno di terra, se è abbandonata da anni se la piglia, e tanti saluti. Non mi parlate di cooperative e società, perché sapete benissimo che falliscono prima di iniziare. L’agricoltura non dev’essere assistita, ma produrre e vendere sul serio, quindi venire seriamente studiata e per qualità e per quantità.

Il territorio si presta a due possibilità di turismo: quello di montagna e alta collina per il piacere di attività proprie, tra cui finalità di salute; e quello stesso di mare, se i paesi interni fossero collegati da strade comode e rapide; e se il vastissimo patrimonio edilizio dei paesi venisse adattato, senza stravolgerlo, a forme di ospitalità.

Tutti i paesi interni hanno qualcosa da offrire al turismo culturale, comprese le “rughe” e le vecchie pittoresche case; o i mulini; le chiese; i conventi; alcuni palazzi nobiliari. Cultura, ragazzi miei, non significa necessariamente essere noiosi e ammorbare il prossimo con acute dissertazioni se il tal convento è stato fondato nel 999 o nel 1001, argomento che lascerebbe indifferente anche lo stesso santo fondatore… ammesso sia stato santo e non un peccatore come tutti noi: il che lo rende turisticamente interessante! Ragazzi, non c’è la minima probabilità che dal Balcone di Giulietta e Romeo si siano mai affacciati i due piccioncini, però Verona ci campa; e lo stesso a Gradara per la stanza di Paolo e Francesca tutta pronta, letto compreso!

Per tutte queste cose, occorre una politica del territorio, il cui inizio è il superamento dei confini comunali, quasi tutti recenti e patacche poi spacciate per millenarie.

Ulderico Nisticò

 

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