Se ci fosse un assessore regionale alla cultura…

Gioacchino Murat

Gioacchino Murat

…ma non c’è, e non se ne vede all’orizzonte manco un fil di fumo come in Madama Butterfly; se ci fosse, gli andrei a raccontare che duecento anni fa venne sconfitto a Tolentino (2-3 maggio, ricorrenza passata) e poi fucilato a Pizzo (13 ottobre, siamo ancora in tempo) Gioacchino Murat. Beh, lo so che non è l’evento epocale del mondo, però non è che una Regione per creare un evento debba per forza attendere, che so, l’anniversario della creazione di Adamo! Anche Murat ha la sua importanza per gli storici, e fin qui potrebbe sembrare cosa per quattro addetti ai lavori; ed è una figura affascinante in sé nel bene e nel male, quasi simboli di un tempo di turbinosi mutamenti; e la sua storia s’intreccia strettamente con la storia calabrese.

 Era uno dei figli della fortuna, come lo stesso Napoleone. Di modesta origine familiare, compì una rapida carriera attraverso le molte guerre delle rivoluzione. Nel 1799 comandava i granatieri che, fucile spianato, convinsero il Direttorio a nominare Bonaparte primo console, di fatto dittatore. Già, “la rivoluzione è un’idea che incontra delle baionette”, disse Bonaparte medesimo. Sposò Carolina, sorella di Napoleone; e quando questi da repubblicano diventò monarchico, creò Murat granduca di Berg; nel 1808, re di Napoli (ufficialmente, delle Due Sicilie, ma l’isola era rimasta a Ferdinando di Borbone e agli Inglesi). La Calabria, che nel 1799 con il cardinale Ruffo aveva cacciato i giacobini e francesi, dal 1806 era in aperta rivolta; Murat combatté l’insurrezione con i modi più duri, attraverso un vero macellaio, il Manhès (curiosità, i francesi lo dicono “mànes”); ma seppe anche formarsi un partito a suo sostegno, con la nobiltà e la borghesia, e applicando al suo Stato le riforme napoleoniche e il Codice civile francese, che sostanzialmente resteranno in vigore, come in tutta Europa, anche nelle effettive Due Sicilie borboniche. Era intento di Murat affrancarsi dall’ingombrante affine di Parigi, formandosi un esercito nazionale (Florestano Pepe, Filangieri, Colletta, Carascosa, Ambrosio, Arcovito… ) e costringendo generali e funzionari francesi a naturalizzarsi napoletani. I rapporti con Napoleone andarono deteriorandosi.

 Con Murat il Meridione ebbe quello che gli mancava da molto tempo, una tradizione militare. Sono notevoli le gesta dell’esercito murattiano in Russia, poi in Germania Settentrionale e a Lipsia. Nella disfatta dell’Impero, Murat tentò un accordo con Vienna e Londra, e mosse guerra al Regno d’Italia del viceré Beauharnais, conducendo le truppe sui campi di Lombardia. Fallito il tentativo politico, attaccò l’Austria, e, con una discutibile condotta delle operazioni, finì sconfitto a Tolentino.

 Di Pizzo e della morte di Murat diremo altra volta.

 Insomma, se saputa giocare, la carta Murat potrebbe dare una valida mano a stabilire qualche rapporto culturale, e turistico!, con diversi luoghi di Francia e Italia e altrove. Magari farci un film epico e tragico, Murat e i suoi tempi da un punto di vista calabrese.

 Sono andato anni fa a proporlo a Scopelliti il quale mi accolse con affettuosità da vecchio camerata e mi spedì da una certa Film commission… che poi finanziò quello schifo ignobile di Aspromonte.  Affettuosità del cavolo!

 Potrei proporlo a un assessore alla cultura della Regione, se ci fosse: ma non c’è. E il centenario di Murat farà la fine di quello di s. Francesco di Paola, s. Nilo, Sirleto eccetera, cioè un bel nulla.

Ulderico Nisticò

 

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