Omaggio a don Bosco: Soverato e i Salesiani: la “mutua salute”

don_bosco Per studiare con gli occhi dello storiografo l’arrivo dei Salesiani a Soverato cento e dieci anni fa, occorre una premessa diciamo così metodologica. Di rado nella vicenda umana le cose avvengono senza una qualche ragione, e meno che meno in una Congregazione come quella dei figli di don Bosco, che dal Fondatore hanno appreso la Fede e la devozione, ma anche un saldissimo senso della realtà. I Salesiani sono nati per dare una risposta cattolica a un mondo moderno industriale le cui strutture produttive e sociali sono intrinsecamente diverse dalle antiche comunità contadine. Nati in Piemonte, ben presto estesero la loro attività nel resto d’Italia, non trascurando il Meridione[1].

 La prima istituzione salesiana in Calabria è quella di Bova, un’antica città vescovile; nel 1905 sorse una Casa a Borgia, a seguito di una donazione da parte di Maria Enrichetta Scoppa; a lei si deve anche il dono di uno stabile in Soverato, dove oggi è via Chiarello. Qui venne aperto un oratorio festivo.

 Soverato dei primi del XX secolo era un centro molto piccolo per estensione e numero di abitanti, ma ben dotato di attività di navigazione, grande commercio, e artigianato che presto sarebbe diventato industria; e di famiglie dal buon livello culturale. Rispetto alle condizioni generali di quasi tutta Italia, direi del mondo, di quel tempo, era un paese molto ricco, e la sua ricchezza veniva dal lavoro. La frazione marina di Santa Maria di Poliporto era improvvisamente cresciuta per l’arrivo di imprenditori e commercianti reggini, siciliani, amalfitani, pugliesi; e nel 1881 il Consiglio comunale, in netta prevalenza tratte da questo ceto e residenti nella frazione costiera, trasferì, caso unico tutt’oggi sullo Ionio, dalla collina il capoluogo comunale, che prese il nome di Soverato Marina.

 Allora, fervente di attività, Soverato vedeva sorgere anche la chiesetta privata di Portosalvo, e restaurare l’antico tempietto che oggi è del Rosario[2]. Il territorio comunale era però, sotto l’aspetto ecclesiastico, organizzato in una sola Parrocchia, quella di Maria SS. Addolorata di Soverato Superiore. E se la costruzione di chiese era segno di un’esigenza religiosa della popolazione, questa non era pienamente soddisfatta dall’assetto territoriale. La presenza domenicale dei Salesiani venne incontro anche a questo bisogno. Il primo direttore dell’oratorio soveratese fu don Eugenio Molinari.

 La stessa Scoppa, intanto, incontrando don Michele Rua che le rese visita a Sant’Andrea, accrebbe le sue donazioni, e, il 27 luglio del 1904, lasciava in testamento ai Salesiani i suoi possessi in Soverato e in Acciarello[3] chiedendo che venisse eretta una chiesa dedicata a sant’Antonio di Padova. La stessa Scoppa volle i Redentoristi (Liguorini) e le Riparatrici a Sant’Andrea; e aiutò sostanzialmente il restauro della chiesa oggi del Rosario.

 Lo storiografo, al fine di ricondurre gli eventi alla loro reale dimensione, deve qui dire qualcosa sul fenomeno delle donazioni alla Chiesa, che in quegli anni fu di portata universale. Fino al XVIII secolo, come si sa, gran parte della terra era stata di proprietà di conventi o enti ecclesiastici. La Cassa Sacra borbonica dopo il sisma del 1783, e soprattutto le confische giuseppine e murattiane (1806-15), avevano privatizzato tali terre, il cui acquisto venne permesso a tutti, e, manco a dirlo, di fatto consentito a ben pochi approfittatori, in genere nobili divenuti in fretta democratici e “giacobini”, o professionisti fortunati e amministratori rapaci, quasi mai i contadini; e gli arricchiti, come succede, andarono poi vantando una origine medioevale e niente di meno che feudale dei loro molto recenti e poco chiari acquisti. I nuovi proprietari esclusero i più dalla fruizione dei vecchi diritti popolari di legnatico, acquatico, erbatico; e nemmeno seppero far fruttare i beni così malamente ottenuti. Il popolo sentì il fatto come una rapina, anzi un sacrilegio, e, in modo proverbiale, sentenziò che “Roba di stola, al più presto si vola”: la terra sottratta alla Chiesa è maledetta e non destinata a buoni effetti.

 Dopo la restaurazione borbonica del 1815, molti conventi rinacquero, anche per donazioni a opera dei nipoti pentiti dei “giacobini”; ma, dopo il 1860, si abbatté sul Meridione una nuova confisca e privatizzazione, quella delle Leggi Siccardi piemontesi estese a tutta Italia; e, grazie a Dio, ancora una volta religione, coscienza e pressioni da parte di sacerdoti fecero sì che venissero donati nuovamente beni alla Chiesa, e, per Essa, al popolo: sotto quest’ottica, si trattò di una restituzione! Questa precisazione storica, che pare forse un po’ brusca, era necessaria per dar corpo agli eventi e farli comprendere nel loro contesto storico. È dunque vero che la scelta di Soverato può essere stata favorita, ma non determinata dall’aiuto della Scoppa.

 La vita della Casa di Borgia, intanto, si rendeva difficile. Sembrava ostile ai Salesiani lo stesso clero secolare, che temeva il confronto e la perdita di prestigio; ostili le Congregazioni laiche; non mancava l’aperta avversione laicista, in quell’antico e radicato centro di massoneria. Il clima culturale era ancora in tutta Italia quello incattivito della Questione Romana, che sarà rasserenato solo con il Concordato del 1929.

 Fu “per non stare indarno”, che la Congregazione scelse di concentrare le sue energie umane su Soverato, ma soprattutto perché vedeva che l’ambiente sociale e l’apertura mentale erano assai più favorevoli ad un’opera di largo respiro e lungo avvenire. Il 14 maggio 1908 è la data che può assumersi come ufficiale per la fondazione della Casa: don Rua benedice la prima pietra della chiesa di Sant’Antonio e dell’Istituto.

 Fu dunque un incontro di intelligenze e di opportunità: i Salesiani scelsero Soverato, Soverato volle i Salesiani. L’esperienza di Borgia si esaurì attorno al 1920.

 I Salesiani sono una Congregazione di educatori. Soverato mostrava anche esigenza di istruzione, e, da lì a poco, la riforma Gentile del 1923 indicava nelle scuole dette allora private una funzione di supplenza ai limiti dell’intervento dello Stato. Forse sotto la spinta della richiesta, la Casa di Soverato compì la scelta di un Ginnasio, che, prima degli anni 1930, iniziava dei corsi regolari, divenendo, nel 1953, anche un Liceo Classico[4].

 Una scuola di tale qualità, con l’aggiunta dell’internato, aggiunse a Soverato il prestigio di essere centro di studi non solo per il territorio, ma per tutta la Calabria.

 Gli studi classici sono, inevitabilmente, non per tutti, né solo sotto l’aspetto sociale e finanziario. E la scuola salesiana non evitò affatto la fama di severa, e, in un certo senso, opportunamente selettiva. Ma, fedeli al primo carisma di don Bosco, i Salesiani assicurarono con non minore impegno la loro cura all’oratorio, la scuola di tutti, dove si insegnavano religione, ma anche buone maniere, sport, teatro, musica, vita comunitaria.

 A coronare la salesianità di Soverato, intervenne un progetto di riorganizzazione ecclesiastica del territorio, che tenesse miglior conto della realtà. Già don Giovanni Tedeschi, direttore dal 1935 al ’40, venne nominato Economo Curato dell’Immacolata; e, il 2 febbraio 1941, il vescovo di Squillace mons. Fiorentino decretava l’istituzione della Parrocchia di S. Maria Immacolata, e così precisava: “Hanc novam Parocciam Pio Instituto Congregationis Salesianorum conferimus[5]”, sancendo che “parroco” di Soverato Marina è la Congregazione, che designa il titolare pro tempore; il primo fu il direttore don Ruggero Pilla.

 Nella notte di Natale del 1963 venne celebrata la S. Messa nella nuova grande chiesa parrocchiale di piazza Maria Ausiliatrice, che assunse la denominazione dell’Immacolata Concezione; mentre la chiesetta di corso Umberto assumeva il nome del Rosario.

 Negli anni seguenti, i sacerdoti della Parrocchia vennero organizzati in una comunità autonoma; mentre nel 2005 si è decisa la riunificazione in una sola comunità, retta da un Direttore – Parroco.

 Gli anni dal dopoguerra alla fine del XX secolo sono il momento d’oro della presenza di don Bosco: le scuole Media e Ginnasio-Liceo, aperte ad “esterni” di Soverato e del Comprensorio; l’internato di molte centinaia di allievi; l’oratorio frequentato da tutta la gioventù maschile[6]; l’Istituto punto di riferimento di musica, teatro, calcio, basket. Fioriva la Casa, con molte decine di sacerdoti, chierici, coadiutori laici e famigli[7].

 La scuola salesiana seguì, a volte precedette, i del resto non troppo sensibili mutamenti del sistema educativo italiano. Nel 1966, con otto anni di anticipo sui Decreti delegati, vennero introdotti degli organismi collegiali elettivi; sebbene chi scrive ricordi non siano stati il massimo dell’efficienza, come del resto quelli statali!

 Dopo gli anni 1990, mentre si esauriva l’esigenza dell’internato, vennero ammesse a scuola le allieve. Qualcuno temeva che una tale innovazione mutasse troppo profondamente la natura della scuola; prevalse invece la forza della tradizione, e la scuola mista non pare affatto diversa da quella solo maschile né per qualità né per mentalità.

 Con il tempo, accadde anche che diminuisse il numero dei sacerdoti insegnanti, sostituiti con laici o “spezzonisti” o a tempo pieno, fino alla coraggiosa novità della presidenza laica. La scuola, per la sua natura di indirizzo classico, gode buona salute.

 È qui luogo per rilevare la benefica influenza esercitata dall’Istituto sulla vita sociale di Soverato. La presenza di una comunità di adulti e giovani, sempre più numerosa, generò negli anni un indotto notevole anche di natura economica e di lavoro. La scuola attirò a Soverato e le famiglie degli interni, e altre che, per gli studi dei figli, scelsero di trasferirvisi.

 La comunità soveratese vide esercitare una positiva azione dell’Istituto su quella cosa impalpabile e indefinibile, ma evidente, che è lo stile. Una virtù che, per radicata consuetudine, non è mai stata troppo diffusa in Calabria, e non solo tra i ceti umili, ma anche, direi ancora di più in quelli alti, che di una certa sprezzatura e rusticità si sono sempre fatti un curioso e pervicace punto d’onore. I Salesiani venivano da altri ambienti, e portarono costumanze e modi che, adottati dalla gran parte, impressero ai vecchi “Soveratani” un’identità che li fece spesso ammirare, e non meno criticare dagli altri calabresi: abitudini moderne, mentalità elastica, largo uso della lingua italiana o di un dialetto ingentilito… Il modello dell’Istituto ha notevolmente inciso nella formazione di questa natura un tantino unica.

 Tale influenza è stata quasi sempre indiretta, sottile. Arroccati sul loro poggio[8], e non troppo presenti nella quotidianità (un tempo medico e barbiere si recavano periodicamente all’Istituto), i Salesiani hanno evitato, quasi sempre, di impicciarsi di questioni paesane, e soprattutto comunali ed elettorali in genere. Un paio di episodi, che, ormai sepolti nella notte del tempo, non è qui il caso di rievocare, hanno fatto danno, e vennero immediatamente regolati da interventi dei superiori.

 Sotto l’aspetto politico nel senso più nobile, i Salesiani di Soverato hanno seguito la linea della Congregazione: “Buoni cristiani e onesti cittadini”, secondo le vicende dello Stato. I ricordi personali di chi scrive, che sono di molte decine di sacerdoti, testimoniano un’ampia varietà di opinioni anche in fatto di tendenze ideologiche, fatta salva l’ortodossia cattolica. Più in generale, di opinioni e personalità, e anche di questo ringrazia il Signore di essere stato, quarant’anni fa, alla scuola dei Salesiani, imparando da loro l’assolutezza di alcuni pochi principi religiosi e morali, e la libertà e responsabilità in tutto il resto, comprese, anzi in testa le posizioni politiche. Ogni buon educatore salesiano ha sempre saputo far capire questo concetto ai giovani, e questi l’hanno assimilato subito, con pochissime e inevitabili eccezioni. La durissima disciplina ha sempre comportato, come in tutti i collegi maschili e quasi militari, un sottile gusto di violarla, con tutte le conseguenze allora sofferte, e oggi occasione di edulcorati ricordi degli ex allievi dell’Istituto.

 Arrischiamo una conclusione. Soverato ha molto apprezzato i Salesiani in quanto istituzione, come mostrano i segni esteriori di aver eletto don Bosco compatrono della città, e intitolato vie a Lui, e, di recente, a don Rua; ma ha amato molto o meno o per nulla i singoli sacerdoti, secondo le umane simpatie e antipatie. Di tanto in tanto, come in tutte le amicizie, non sono mancati gli screzi; e, a onor del vero, alcune aperte ostilità, e le accuse di voler mantenere artatamente il monopolio della scuola e dell’educazione. Ogni volta che si apriva un’istituzione scolastica statale o laica[9], qualcuno malignamente si affrettava ad annunziare la fine dei Salesiani, il che, grazie a Dio e a don Bosco, non si è affatto verificato, e così confidiamo per l’avvenire. Non c’è più l’unicità, è vero.

 Soverato, educata da don Bosco, si mostra, secondo i tempi, devota, e rispettosa della religione, e, nel complesso, di buoni costumi. Non si può dire nulla della spiritualità profonda, che appartiene al foro interno delle coscienze, ma la frequenza delle pratiche di pietà è notevole ed evidente. Molti ragazzi frequentano l’Oratorio, oggi più accogliente nella nuova sede, anche se non tutti continuano nell’età più matura sulla stessa strada.

 Per dir qualcosa di negativo, forse il limite dell’educazione salesiana, nel complesso solida e consapevole, è, nella scuola, un tono che, in alcune menti meno reattive, ha fatto confondere quelle cose molto diverse, a volte opposte tra loro che sono la diligenza, l’istruzione, la preparazione, l’erudizione, la cultura e la consapevolezza: ma, come si accennava di sopra, gli stessi Salesiani hanno fornito ai più accorti i criteri per distinguere. Nella vita religiosa e sociale, non è evidente fino a che segno questa sia resa profonda.

 L’avvenire, è nella Divina Provvidenza. I Salesiani e Soverato non devono separarsi, né mostrano intenzione di farlo, qualunque sia la forma che la “mutua salute” troverà. Un secolo di feconda presenza fa dei Figli di don Bosco una componente fondamentale della comunità, fin dalle sue origini e per tutto lo sviluppo della storia della città. E siamo certi che qualcun altro ex allievo scriverà qualche pagina sul secondo centenario.

Ulderico Nisticò

[1] Si leggano gli scritti di don Franco Casella: “Marie Lasserre e la fondazione dell’istituto salesiano di Caserta, 1997”; “The name of benefactress Marie Lasserre is linked with the foundation of the Salesian Institute of Caserta. She was a former governess at the court of the Duke of Parma and it was her intention that the Salesian Institute would be a charitable work for poor boys, for orphans and for schoolboys. It was to honour Maria Immacolata of Bourbon, who had been born at Caserta, the daughter of Ferdinand II, the King of the Two Sicilies, and who had married Henry, the Count of Bardi, the brother of Robert, Count of Parma. The publication of the letters of Marie Lasserre, which cover the period 1895-1905, throws light on the origin and the early activities of the Salesian work in Caserta. The introduction, written in historical fashion and based mainly on archival research, highlights the depth of the civil and religious history of Italy, of the diocese of Caserta and of the Salesian Congregation, in whose context we read the letters of Lasserre. Father Michael Rua, Father Celestine Durando, Monsignor Gennaro Cosenza, Bishop of Caserta, and Marie Lasserre, now blind by the time she began her correspondence, are the principal protagonists in the foundation of the Institute of Caserta. The letters, supplemented by annotations from the archival research, can be read in the second part of the study.

Le richieste di fondazioni a don Bosco dal Mezzogiorno d’Italia (1879-1888), 1998”; “Le richieste di fondazioni a don Michele Rua dal Mezzogiorno d’Italia (1888-1901), 1999”, editi dall’Istituto Storico Salesiano di Roma.

 [2] Vedi, Nisticò Ulderico, Fiorita Tonino, Pasquale Italo Sammarro, La fede tenace. Nel centenario della ricostruzione della chiesa del Rosario, 2004.

[3] Oggi una frazione di Villa San Giovanni. È notevole che da Acciarello sia venuta a Soverato l’importante famiglia dei Caminiti.

[4] Non è inutile chiarire che, con la riforma Gentile del 1923, il Ginnasio comprendeva cinque anni, concludendosi con un severo esame, che dava accesso al triennio del Liceo. I giovani, ottenuta la licenza ginnasiale, dovevano proseguire gli studi a Catanzaro, Crotone, Locri, Nicastro, Vibo Valentia.

 Nel 1939, la riforma Bottai istituiva la Media Unica, mentre si conservava per tradizione la denominazione di Quarto e Quinto Ginnasio.

[5] “Assegniamo questa nuova Parrocchia al Pio Istituto della Congregazione dei Salesiani”.

[6] Nel 1944 giunsero in paese le Suore di Maria Ausiliatrice, anch’esse salesiane, che aprirono un oratorio femminile e un Istituto Magistrale; nel 1950, venne aperto l’asilo delle Suore Gerardine di Soverato Superiore.

[7] I Salesiani sono una “societas” di sacerdoti ordinati secolari, retti da una disciplina interna di Case, Ispettorie e un Rettorato Maggiore; i chierici sono avviati alla strada del sacerdozio, e prestano la loro opera come insegnanti, educatori, animatori; i coadiutori sono laici che pronunciano gli stessi voti dei sacerdoti, e collaborano con preziose funzioni di carattere pratico; i famigli sono personale stipendiato, che però, in genere, trascorrono l’intera esistenza attiva presso i Salesiani. La Famiglia Salesiana è molto più ampia, comprendendo gruppi ecclesiali e associazioni laiche permeate della spiritualità di don Bosco.

[8] Curiosità linguistiche: si è sempre detto “rha supa” (lì, in alto) per indicare la Casa; ma anche “a li previti” (dai preti); più elegantemente, “all’Istituto”. I più vecchi dicevano anche “a lu cummentu”, ma facevano riferimento ad un Ospizio dei Cappuccini di Chiaravalle, due stanzette passate poi alla Casa.

[9]Oggi Soverato annovera, oltre ad Elementari e Media, le scuole superiori statali Alberghiero; Commerciale; Geometri; Liceo Scientifico; il Liceo Pedagogico delle Suore di Maria Ausiliatrice; e istituti privati laici Coreutico e Linguistico.

 

 

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