Sgarbi, l’Expo e la polemica sui Bronzi di Riace

IMAGE - Il Corsivo di Vincenzo Pitaro

All’ambasciatore per le Belle Arti dell’Expo 2015, Vittorio Sgarbi (da qualche mese nominato dal presidente della Regione Lombardia, Bobo Maroni) non sono piaciute le critiche che la Stampa gli ha rivolto in questi giorni, in seguito alla richiesta di trasferimento dei Bronzi di Riace a Milano, per un periodo di sei mesi in esposizione. Era da prevederlo. Conosciamo bene il suo carattere e ben sappiamo che il critico – abituato a criticare pure il Padreterno – non sopporta le critiche, quando sono rivolte a lui.

Sicché – sfuggendo alle domande di fondo, poste sui giornali, non senza aver prima dato sfogo al suo «impeto» – si è limitato a dire che «I Bronzi di Riace non appartengono alla Calabria, ma all’intera umanità». «Ergo, la Calabria ce li deve dare!», ha sentenziato (senza possibilità d’appello) l’«ambiasciatore» dall’editto facile. Poi, udite udite!, si sarebbe pure premurato – con l’appoggio dell’ex n. 2 della Lega, Maroni, che soltanto adesso si scopre «amante» degli splendori culturali e archeologici della Calabria – di «ufficializzare» la richiesta, tramite «lettera», al ministro Dario Franceschini, proponendo fra l’altro l’istituzione di una commissione (e suggerendo persino un suo amico o conoscente da nominare come componente: tal Bruno Zanardi).

Insomma, non c’è che dire: questa storia dei «Bronzi a Milano» e l’inaudita insistenza sgarbiana sta diventando davvero interessante. E non solo per Stampa. Attendiamo.

Intanto, è il caso di ricordare che se la richiesta di Sgarbi e Maroni dovesse essere presa (con leggerezza) in benevola considerazione dall’attuale titolare del dicastero, si creerebbe – forse, senza neanche pensarlo o volerlo – finanche un grossolano precedente e non si potrebbero più fare «discorsi a convenienza» o… disparità di trattamento. In Calabria, ma anche altrove, infatti, non manca chi già dice: «Le opere sono un bene di tutti? D’accordo!, vorrà dire che alla prima occasione chiederemo anche noi, al Comune di Milano e al ministro Franceschini, una grande opera da mandarci!».

Ma s’il vous plaît!, ci vien fatto di chiedere al di fuori d’ogni forma satirica: quale grande opera potrebbe mandare il Comune di Milano? Ce l’ha una grande opera la città meneghina? Cercando di fare un po’ di mente locale, l’unica che riusciamo a ricordare è  l’«Ultima Cena» di Leonardo da Vinci, che non risale a prima di Cristo ma è rinascimentale. Si tratta però di un affresco (e non di opera su tela), custodito in un Convento adiacente al Santuario di Santa Maria delle Grazie. Pur volendo, quindi, come farebbe Milano a staccarla dalla parete? «Con le tecnologie che ci sono oggi», come sostiene Sgarbi, «tutto si può fare»? Uhm, stentiamo a crederci. Comunque, a pensarci bene, alla fin fine un’idea alternativa ci sarebbe: si potrebbe pur sempre optare per… la madonnina del Duomo.

Vincenzo Pitaro
http://vincenzopitaro.wordpress.com

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