Calvario per una paziente oncologica: Otto mesi per un’ecografia. L’alternativa è pagare!

Il Codacons durissimo con l’ASP ed ipotizza il reato di interruzione di pubblico servizio. 

“Signora abbiamo annullato la sua prenotazione”.
Questo è quanto è stato comunicato per telefono ad una paziente oncologica, spiegando che il medico è malato e che non c’è nessuno che può sostituirlo.
Pertanto la struttura rimane chiusa per ferie e gli esami rinviati a data da destinarsi.
Certo, il cancro in otto mesi può uccidere. Ma questo non è un problema per l’Asp di Catanzaro.
Eppure il medico specialista aveva indicato l’urgenza di questi esami: “Massimo entro 10 giorni”.

Si tratta di una ecografia addominale e di una ecografia mammaria, per verificare la presenza di un carcinoma, in una paziente che aveva già subito la mastectomia. Non certo una pulizia dei denti.
Un calvario che, tuttavia, la giovane donna può evitare se soltanto si sottopone agli stessi esami ma “a pagamento”.
Insomma – sostiene Francesco Di Lieto del Codacons – in Calabria per sopravvivere bisogna pregare o pagare.

Purtroppo nessuno si preoccupa di che fine abbiano fatto i soldi per la riduzione delle liste d’attesa.
In questo modo si costringono i pazienti a rivolgersi al privato – prosegue Di Lieto – ovvero ad alimentare il triste, quanto costoso sia per i malati che per la Regione, fenomeno del turismo sanitario verso altre Regioni.
Poiché non abbattere le liste d’attesa comporta la rimozione dei manager della sanità, abbiamo chiesto al Ministero della Salute nonché alla Regione, per quali finalità e con quali risultati siano stati spesi i fondi di bilancio, con riferimento alle liste d’attesa negli anni 2018 e 2019. Vogliamo finalmente comprendere dove sia finito quel fiume di danaro pubblico, destinato ad abbattere le liste d’attesa, nonostante oggi ci ritroviamo con le Asp che lamentano un buco di circa 2 miliardi in una regione “inadempiente” per Livelli Essenziali di Assistenza.

Il Cittadino ha diritto – sostiene Di Lieto – a ricevere un esame diagnostico in tempi certi; 30 giorni per le visite specialistiche e 60 per gli esami diagnostici. Qualora i tempi siano superiori, il paziente può pretendere che la stessa prestazione sia fornita dal medico privatamente, in intramoenia, senza costi aggiuntivi rispetto al ticket già pagato ovvero dal privato ed avere il diritto al rimborso dall’azienda sanitaria.

Senza contare – conclude Di Lieto – che, per determinate patologie, non possono esserci lista d’attesa ma andrebbero evase in tempi brevissimi.
Infatti il prossimo anno un paziente affetto da patologie tumorali potrebbe essere già sepolto!