Pino Schirripa, docente calabrese alla Sapienza: “Io censurato in Rai per la maglietta”

Stavolta Gigi Marzullo ha fatto la domanda sapendo la risposta: “Si leva quella maglietta?”. “No”. “Allora tolga il microfono e vada via”. E’ finita così, davanti al principe degli intervistatori by night, l’avventura – si fa per dire – del professor Pino Schirripa, docente di Antropologia alla Sapienza. E’ finita con quella che l’accademico, invitato in tv e poi cacciato dal parterre della trasmissione “Cinematografo”, definisce senza mezzi termini “una censura non degna di un Paese civile”.

Tutto per colpa, appunto, di una magliettina. Con su la scritta “Mediterranea saving humans”, l’ong impegnata nel salvataggio in mare dei migranti provenienti dalle coste africane. Giovedì mattina il professor Schirripa ha indossato la t-shirt prima di recarsi da Marzullo, nella sede Rai via Teulada, per la registrazione del programma in cui opinionisti ed esperti del grande schermo commentano i film nelle sale.

Cos’è accaduto, professore?
“Al momento di entrare in studio, già con il microfono addosso, prima alcuni addetti dello staff poi lo stesso Marzullo mi hanno chiesto di togliere la maglietta. Mi hanno detto che in Rai non si possono esibire loghi commerciali. Ho risposto che il marchio era semplicemente umanitario: insomma, non ero lì a vendere prodotti”.

Marzullo che le ha detto?
“Che non avrei partecipato alla trasmissione se non avessi tolto la maglietta. Ho risposto che non avrei accettato censure. Così, sono stato accompagnato fuori. Con la solidarietà di tanti tecnici della Rai che sono venuti a stringermi la mano. Lì, davanti a tutti. Alcuni mi hanno invitato a raccontare sui social quello che è successo e a riferire che sono dalla mia parte”.

Qualcuno dirà che la sua è stata una provocazione.
“Io dico: sì, l’ho fatto apposta. Volevo capire se oggi è ancora possibile far passare messaggi di umanità, specie quando abbiamo negli occhi le immagini della Sea Watch. Salvare le vite umane è un concetto semplice, che non può essere messo in discussione. E invece è diventato quasi un argomento pericoloso da affrontare. Poi ognuno, per carità, si tiene le proprie convinzioni sulle politiche dell’immigrazione. Insomma, ci rendiamo conto che stiamo discutendo del fatto se sia corretto o meno esprimere il proprio pensiero”.

Dove nasce la sua iniziativa?
“Lavoro sulla tematica dei migranti, ho in corso una ricerca sugli immigrati di seconda generazione. Sono stato in Etiopia e in Ghana, per capire dove nasce il fenomeno. Insomma, ho sensibilità anche professionale verso questi argomenti. Detto ciò, non credo di essere un pericoloso estremista, non ho tessere di partito in tasca. Mi sono candidato una sola volta 30 anni fa, c’era ancora il Pds. Poi, sì, partecipo a dibattiti e incontri sull’immigrazione, come chiunque altro abbia qualcosa da dire. Non cerco la celebrità”.

Che morale ha tratto da questa vicenda?
“Che l’umanità, evidentemente, non ha diritto di cittadinanza in televisione. Mi chiedo perché un politico può andare davanti alle telecamere esibendo la scritta “ruspe sui rom” sulla felpa e io non posso indossare la maglietta di Mediterranea. Il sovversivo sono io? E’ proprio uno strano paese, il nostro”. (Repubblica.it)