Se ci fosse un assessore alla cultura…

Il simbolo gioachimita e dantesco della Trinità

Il simbolo gioachimita e dantesco della Trinità

 Se ci fosse un assessore alla cultura – non c’è, e pare non ci sarà almeno fino a luglio! – se ci fosse, gli potrei suggerire due cosette importanti come fatti culturali in sé, e come attrattori di attenzione e turismo a vantaggio della Calabria: l’anniversario di Dante e quello delle ultime avventure e morte di Murat. Entrambe le vicende hanno una relazione diretta con la Calabria. Il pensiero teologico di Dante (come spero sappiano anche solo i professori di lettere, senza essere specialisti) è influenzato in maniera determinante da Gioacchino da Fiore, “il calavrese abate di spirito profetico dotato”, e dalla concezione triadica della storia divina e umana; e la Commedia è intrisa di simbologia gioachimita. Credetemi per fede, il discorso è lungo, ma ce n’è quanto basta a dimostrare che sarebbe l’occasione per parlare e di Dante e di Gioacchino: anche perché l’Alighieri per obbligo scolastico più o meno si sente nominare, ma di Gioacchino non sa quasi niente quasi nessuno.

 Nel 1798 i giacobini francesi, ancora repubblicani, occuparono il Regno di Napoli; pochi mesi dopo il cardinale Fabrizio Ruffo formò in Calabria un esercito popolare, cacciò l’invasore e riconquistò la capitale. Nel 1806 tornarono i Francesi, questa volta monarchici. Napoleone creò re di Napoli suo fratello Giuseppe; due anni dopo trasferì questi in Spagna, e pose su Napoli il cognato Gioacchino Murat. Che i due protagonisti di quest’ articolo si chiamino entrambi Gioacchino è una pura coincidenza, però è divertente.

 Contro Giuseppe e poi contro Murat la Calabria borbonica combatté per oltre un quinquennio, con gesta eroiche e con atti di sanguinosa crudeltà da entrambe le parti. In Inghilterra e in America avrebbero già girato sedicimila filmoni storici con spettatori in fila al botteghino: pensate solo alla scena hollywoodiana dell’assedio di Amantea, quando padre Michele Ala, cappuccino e capo di banda, celebrò per sfida la S. Messa sulle mura in faccia agli atei francesi e illuministi nostrani, due briganti per chierichetti. Con la mano di un bravo regista, ci farebbe un baffo, Il gladiatore! In Calabria, del tutto ignoto.

 Ci sono poi le riforme di Murat, positive o rovinose, su cui sarebbe interessante dibattere, possibilmente sul serio e senza ormai museali ideologie.

 Dopo vicende qui complesse da raccontare, Murat si alleò con l’Austria, poi le mosse guerra, venendo sconfitto a Tolentino nelle Marche il 30 aprile e 1 maggio 1815. Fuggì in Francia, tentò un colpo di mano; sbarcato a Pizzo, venne fucilato il 13 ottobre. C’è un mistero che varrebbe la pena di approfondire: che venne a fare proprio a Pizzo? C’è anche una risposta.

 Quante cose, se ci fosse un assessore alla cultura… ma non c’è.

Ulderico Nisticò

 

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