Pentone – Dibattito sulla Resistenza per ricordare e riflettere

1Memoria, ma anche riflessione e ricostruzione delle storie dei singoli che confluiscono nella storia locale: ieri sera, presso la sala consiliare di Pentone, si è tenuto un dibattito per il 70esimo anniversario della Resistenza. Grazie al gruppo di minoranza ‘Rinascita per Pentone’, anche il centro presilano ha avuto la possibilità di ricordare la Resistenza, riflettere sulla sua contemporaneità e conoscere alcuni passaggi della storia pentonese. Ospite illustre della serata, lo storico Mario Saccà. Sono intervenuti Vincenzo Marino, consigliere di minoranza e Rossella Tallerico, già candidata con il gruppo ‘Rinascita per Pentone’. Ma anche i presenti hanno espresso le loro valutazioni. Assente l’amministrazione comunale. Trattenuto da un impegno, il sindaco è arrivato a fine serata.

Vincenzo Marino ha introdotto i lavori con una breve ricostruzione delle vicende che hanno seguito l’annuncio alla radio di Sandro Pertini e delle principali tendenze storiografiche attuali, alcune percorse da un certo revisionismo, altre che hanno messo in luce aspetti prima trascurati come il ruolo della donna. Per il consigliere di minoranza, l’attualità della Resistenza è messa in dubbio dai vilipendi alla Costituzione e dalla poca sensibilità verso queste ricorrenze. Liberazione è richiesta di diritti e libertà, ma è anche rispetto delle regole e impegno perché tutti possano esprimersi. Vincenzo Marino, infatti, ha citato Pertini che a sua volta citava Voltaire, perché il senso della Liberazione fosse la possibilità di esprimere la propria opinione rispettando quella degli altri. L’auspicio generale è che si possa continuare a conoscere la storia, anche a Pentone che non è dotato di archivi storici ordinati.

Sulla storia pentonese si è focalizzato l’intervento di Rossella Tallerico. Nei giorni scorsi ha intervistato dieci pentonesi che hanno vissuto la seconda guerra mondiale da bambini. Ieri sera ha presentato gli elementi emersi. Le sensazioni spiacevoli legate al ricordo dei 10/15 aerei che ogni giorno sorvolavano Pentone (ancora oggi una signora, quando sente i fuochi di artificio, si ritira in casa). Le fughe in campagna e il pane o qualche patata che ci si portava dietro nel caso in cui l’allarme fosse stato protratto. I piccoli tenuti in braccio tra le coperte e i ragazzini che prendevano per mano i genitori. La decisione di non scappare per morire eventualmente in casa. La solidarietà con gli sfollati e l’aiuto offerto dai soldati ad esempio in occasione di un’alluvione (a Pentone furono presenti la divisione Mantova e la divisione Pistoia). I matrimoni tra le ragazze pentonesi e i soldati “altoitaliani”. Rosa, la civile che perse la vita in un bombardamento a Catanzaro. La difficoltà dei bombardieri a individuare Pentone attribuita a un miracolo della Madonna. Rossella Tallerico ha raccontato che gli intervistati si sono commossi, per i ricordi e per gli immigrati nei quali in qualche modo si identificano. Il senso di queste storie sembra essere sintetizzato dalla frase di un signore: non si può dire che Pentone non abbia vissuto la guerra perché non è stato bombardato, già aver vissuto la fame è stato terribile.

Dopo gli interventi dei presenti, Mario Saccà ha concluso il dibattito. Lo storico è solito intervistare reduci della seconda guerra mondiale e non solo. Infatti, ha evidenziato l’importanza della ricostruzione del passato attraverso la storia orale. Ha spiegato che la Calabria fu liberata dagli anglo-americani e che alcuni partigiani meridionali hanno combattuto nel Nord. Per Mario Saccà, «fermo restando i valori e applicando Voltaire» è fondamentale conoscere tutto quello che è accaduto, tutti gli aspetti e far esprimere tutti, poi si avrà la capacità di separare gli elementi buoni da quelli cattivi. La sua idea di fondo è che il ‘900 sia finito e che, quindi, sia inutile riproporre vecchie polemiche collegate a categorie scomparse. Secondo lo storico, la storia sarà scritta quando tutti gli archivi saranno aperti. «Ma se già ora diamo una mano, facciamo il nostro dovere».

 

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