Un “Malujornu” mai dimenticato

“Carceriere di mio padre, io vorrei incontrarti..per me è importante guardarti negli occhi..”

Dal cuore affranto di una figlia in cerca del padre perduto nelle tenebre di un sequestro, queste e tante sofferte parole uscirono dal cuore e dalla penna di Deborah Cartisano che  in lunghi dieci anni di attesa, scrisse accorati appelli ai rapitori, a partire dal 1993, anno del rapimento.

“Malujornu” è il mediometraggio emblema di drammi senza tempo che non  vanno dimenticati e che portano con sé anche germi di umanità utili ad accogliere speranze di cambiamento.

 Ideato dal direttore artistico dell’Epizephiry International Film Festival, Renato Mollica, promotore culturale e appassionato attivista di varie iniziative a carattere sociale della Locride, “Cattivo giorno”, questo il significato, va oltre la semplice espressione dialettale colorita di un malumore, una disavventura, un disappunto.

Nella sua gravità Malujornu riassume e racconta la tragedia di una famiglia, di un popolo quasi destinato a vivere infelice i luoghi e la cultura in cui è nato; sia la vittima che il carnefice vivono seppur da ottiche diverse, lo stesso dramma, le stesse paure, la stessa misera, triste fine.

Questa storia comincia in un giorno d’estate del 1993, a Bovalino. Tutti vanno al mare, fanno la spesa, sostano al bar, comprano al mercato, un giorno come un altro. Anche Adolfo Cartisano, noto fotografo della zona e la moglie Mimma, vivono questa spensierata, calda giornata di luglio. Al crepuscolo tornano nella loro villetta sul mare.

Qui avviene il sequestro. L’uomo non è mai più tornato a casa. L’ultimo sequestro di persona, il diciottesimo, a chiudere un ventennio di storie e denaro che hanno lasciato il  posto poi  a quelle attività criminose più remunerative, a cui si è data la  ‘ndrangheta e che la cronaca ci racconta ormai da anni.

In una terra bella e dal passato remoto luminoso e civile come la Magna Grecia nella Locride,  furono pensate e poi scritte le prime leggi d’Europa; più di duemila anni fa, un certo Zaleuco dalla mente acuta e severa, uscirono gli albori del senso di  giustizia, di regole, di comportamento. L’eco di quel pensiero, seppur datato ma fondativo della legge che aveva eletto il luogo ad esempio di giustizia, si disperse disordinatamente nell’arco dei secoli. Qui come in altre parti del mondo accade.

E così un paradiso di natura, arte, politica e civiltà si trasformò in un paesaggio infido e guardingo anche di sé, con quella parte buona e bella che continuò ad esistere.

La storia di Adolfo Cartisano, detto Lollò, occupò pagine e pagine di giornali e telegiornali. Lo sconcerto per una vicenda così assurda e crudele di un uomo rapito e scomparso nelle maestose e selvagge bellezze dell’Aspromonte, colpì l’Italia intera.

La sceneggiatura di Malujornu, è scritta da Vittoria Camobreco, giornalista e documentarista originaria della Locride, dove ha vissuto molti anni, assorbendone con affettiva osservazione ma anche codificazione culturale, l’humus nel quale il tessuto sociale di quel territorio, cresce e si nutre.

Il linguaggio, l’espressione corporea, i gusti, le forme comportamentali, sono raccontati in dialetto stretto, dove i dialoghi sono concentrati prevalentemente nel rapporto tra il carceriere e il sequestrato. Lo stesso carceriere che dopo dieci lunghi anni, in odore di ( sincero?) pentimento, rivelò finalmente il luogo dove cercare le spoglie del povero fotografo amato da tutti.

“Sugnu unu di carcereri ‘i vostru maritu..io sono di fronte a diu pentitu..”  Il film racconterà la storia di due anime perdute in uno stesso terribile, condiviso destino di morte, non voluto. Un tocco di speranza dentro un dramma che forse ha dato spazio anche a momenti di umanità e sentimento, come l’autrice ha voluto immaginare, su indicazioni e propositi di Mollica che crede nella rinascita di un popolo così affascinante, erede di una evoluzione-involuzione  non sepolta da ferme rovine archeologiche.

 La sensibilità dei due personaggi più che espressa in parole, è data dalla condivisione di spazi angusti, tempi e silenzi, densi di significato.

 E scenari di bellezza mediterranea tipiche di quei territori. I personaggi vivono tra luoghi e momenti percorsi avanti e indietro nella storia, dove non mancano surreali figure ammonitrici. Tutto è metafora di un contesto umano e sociale pieno di contraddizioni e incertezze, ancora oggi di grande attualità, di bisogni che ancora le diverse componenti della società, non sono riuscite del tutto a comprendere e a risolvere.

Tutto il resto si potrà conoscere giovedì 26 marzo a Sant’Ilario Marina dello Jonio, alle ore 15,30, presso la Sala dell’Oratorio Sacro Cuore, in via Aldo Moro.

La presentazione avverrà in seno al Premio Epizephiry 2015 per la Legalità il cui programma, denso di presenze istituzionali e della comunicazione,  si può visionare nella locandina proposta.

 Vittoria Camobreco

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