Riflessioni su Soverato Superiore

soverato_superiore1 Non entrerò, per ora, nella questione dell’Edificio scolastico, perché non ho sufficienti elementi di giudizio, e nemmeno voglio cavarmela con una generica solidarietà. Colgo l’occasione per aprire (sperando segua qualche altra opinione!) un discorso più ampio su Soverato Superiore.

 Sapete che fino al 1881 era quella la sede comunale; poi la logica delle cose fece sì che Soverato, unico paese dello Ionio, compì una scelta coraggiosa verso lo sviluppo del commercio, dell’industria e del turismo, e trasferì il capoluogo in Marina. Il quartiere collinare, dicono le cronache, capì e non si oppose. Nel 1941 vennero distinte anche le due parrocchie.

 Voglio però preliminarmente chiarire che l’affermazione “Soverato Superiore è un quartiere abbandonato” è un luogo comune non del tutto rispondente al vero. Sono stati compiuti negli anni lavori come la pavimentazione e nuove vie d’accesso dal mare, e sulla Matrice. Si è verificata una duplice espansione edilizia nelle due periferie est e ovest; e non è mancato il recupero e ammodernamento di alcuni stabili.

 Certo, Soverato Superiore da un punto di vista urbanistico è un dormitorio; ma lo sono anche quattro quinti dell’intera città, privi di ogni servizio e negozio: tutta via Amirante, quasi tutta via Trento e Trieste con il quartiere a monte, la Panoramica, Santicelli, e, se non bastasse, ecco Mortara da una parte e le nuove costruzioni dall’altra. A Soverato tutta fioriscono l’architettura e l’ingegneria, ma l’urbanistica non la si è mai nemmeno sentita nominare.

 Del resto, Soverato storica, l’attuale Soverato Superiore, è l’unico tra i paesi ricostruiti dai Borbone dopo il sisma del 1783 a non aver seguito un piano regolatore quali ebbero Filadelfia, Borgia, Oppido M. eccetera: si vede che è un vizio antico.

 Comunque, non si può dire che il Comune abbia dimenticato del tutto Soverato Superiore; che ha avuto e ha i suoi rappresentanti, e, se mai, si rivolga a loro.

 Quello che la cittadinanza di Soverato Superiore non può dimenticare, è l’attenzione culturale di cui il quartiere è stato destinatario. Ci vorrebbe un trattato per elencare tutte le attività degli Amici di san Gerardo, animati da Totò Chiaravalloti e altri: venti pellegrinaggi ed escursioni a Soverato “Vecchio” con centinaia di visitatori alla Matrice e ai ruderi; convegni religiosi e sociali con figure come mons. Bregantini o i Giuristi Cattolici; riscoperta del poeta Chiefari, con le due edizioni del libro “Le voci del silenzio”; il libro “Le Muse sul mare”; il libro “Suberatum”; il libro “Cinquant’anni d’amore” sulla benefica presenza delle Gerardine; le Serenate d’amore in una con Slow Food; conferenze, convegni… Tutto nell’ambito della Parrocchia, che sotto la puntuale e discreta guida di don Giorgio Pascolo, assolve anche a un’importante funzione di aggregazione umana.

 Soverato Superiore è stata sede di spettacoli di alto livello, per l’impareggiabile regia di Tonino Pittelli: “Ecce Homo”; “Alfonso e Gerardo”; “Soverato 1521” e altri; e, per territorio, dovremmo aggiungere anche “Resurrexit” ed “Eutimo e Caritea”.

 La realtà del quartiere si arricchisce di un fiore all’occhiello che è la Banda Pacicca, che è divenuta orchestra sotto la bacchetta di Luigi Tedesco (libro “Cent’anni della banda musicale di Soverato”); e si fa finalmente apprezzare fuori dal matroneo il coro della maestra Tropea.

 Sulla Pietà ci sono le pubblicazioni di Domenico Pisani e gli studi dello stesso don Giorgio; sulla Matrice, quella di Giusy Drosi; sulla festa di san Rocco, il libro “La festa di san Rocco in Soverato Superiore”.

 La statua del Gagini è stata studiata e valorizzata, dunque, in molte occasioni e in molti modi. Interessante lo studio di Giuseppe Mantella sulla colorazione, organizzato di recente dal gruppo Orsi.

 Insistendo su queste premesse, il quartiere collinare potrebbe meglio inserirsi nel sistema turistico del territorio, con un’offerta di ospitalità rivolta a chi cercasse, dopo il mare, tranquillità e frescura di sera. La Matrice, che è un piccolo ma importante museo, può divenire volano di turismo culturale: vedi sopra.

 Tutto bene, allora? Ma no, ci sono ombre, eccome:

  • carenza di servizi privati: ma è un fatto di economia, e non c’è intervento esterno che tenga;
  • precarietà di collegamenti pubblici, per i noti motivi!
  • altissimo tasso di litigiosità e conflittualità tra associazioni e persino tra persone, che rende difficile ogni proposta di collaborazione.

 Con tutto questo, le prospettive, a mio modesto parere, sono migliori delle presenti difficoltà, se ci si mette a ragionare in maniera fattiva.

Ulderico Nisticò

 

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