Destra in Calabria, addio

 Reggio Calabria era da sempre una città nera; dopo le elezioni comunali, risulta chiaro che se il cosiddetto centrodestra è uscito bastonato, la destra intesa in senso stretto non esiste più: Fratelli d’Italia, almeno a Reggio Calabria, è da prefisso telefonico. Facile argomentare che alle regionali non andrà meglio né per la coalizione né per la destra propriamente detta. Non sono profeta, e perciò aspetto il 23 novembre per sapere che fine farà l’ex maggioranza, per altro oggi in palese guerra, e in palesissima intenzione degli alfaniani NCD e postdemocristiani UDC di amoreggiare con Oliverio. Vedremo.

 Torniamo alla destra, diciamo così per capirci, quello che resta del Movimento Sociale Italiano dal 1946 al 1994; o, per chi aderì, di AN, prima che Fini si fondesse con Berlusconi per poi fare la secessione da lui… e da se stesso. In mezzo a questi avvenimenti confusi, sono nati gruppi e gruppetti, alcuni volenterosi e onesti, ma che non sanno dare risposte non dico fasciste o nazionalpopolari, dico nemmeno di destra ai problemi dell’Italia e della Calabria in specie, Reggio inclusa.

 Eppure, se questa risposta venisse data, colmerebbe i vuoti morali e politici di un liberalismo appiattito sopra un’Europa di burocrati e professori, evidentemente fallita; e di una sinistra che si arrampica sui muri lisci di un umanitarismo generico, che alla fine è la stessa Europa di professori e burocrati.

 La risposta sarebbe il primato della politica sull’economia e sulla finanza, cui pure si deve lasciare la loro autonomia per evitare lo statalismo corruttore; e la capacità ideale di saper distinguere fra la Tradizione e il conservatorismo, che sono due cose molto diverse.

 Sarebbe: ma nel mondo dell’esistente, destra in Calabria, per il momento addio.

Ulderico Nisticò

 

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