Terremoti e ricostruzioni in Calabria

Soverato Vecchia

Soverato Vecchia

La Calabria è una terra geologicamente giovane, e si trova al centro del triangolo dei vulcani attivi Etna, Stromboli, Vesuvio, senza dire di altri dormienti, tra cui il Cuscunà della Latina. La storia regionale è condizionata dai terremoti, con particolare virulenza dalla fine del XVI secolo agli inizi del XX. Solo per esempio, citiamo i peggiori: 1638, 1693, 1783, 1908… Poche terre hanno subito devastazioni così frequenti e radicali. È anche per questo che sono sopravvissuti rari edifici storici, in mezzo a una storia così antica e varia, e ai Calabresi resta un certo senso d’inferiorità, come se qui non ci fosse mai stata arte; gran parte, purtroppo, è stata abbattuta da terremoti, e, in stato di abbandono senza speranza, demolita e riusata.

Prendete, per esempio, a Picocca, cioè piazza Spirito Santo di Satriano, quasi perfettamente circolare: altro non è che la “bicocca”, la fortezza, con le pietre della quale costruirono le case; lo stesso per S. Andrea e Badolato e per le mura di Stilo. Altri castelli o fortezze vennero riciclati in chiese: Montauro, S. Sostene; altri mostrano ben visibili le superfetazioni: Monasterace, Maida… Si salvò intero solo il castello di S. Severina, perché abitato dai vari feudatari ed ex feudatari fino al XIX secolo, poi adibito a scuola; oggi ottimamente restaurato. Più complicata la storia di Soverato “Vecchio”, ma leggete qualcuno dei molti libri sulla nostra storia: quelli veri, s’intende, non bufalari.

A giorni si terrà all’UNICAL un convegno sulla ricostruzione dopo i terremoti e sugli accorgimenti antisismici nei secoli passati; e si annunziano grandi lodi, questa volta davvero meritate, per i governi di quei secoli, soprattutto quello borbonico di Ferdinando IV (1759-1825). Nel 1783 una serie di sismi sconvolse apocalitticamente la Calabria centromeridionale. Il re inviò immediatamente l’esercito, al comando del principe Pignatelli, che recò soccorsi risolutivi; e, con la stessa autorità, iniziò la ricostruzione, che si poté considerare finita entro dieci anni. Si possono leggere documenti di un’impressionante precisione di indagine ingegneristica e previsione di spesa: leggiamo quello per la chiesa di Cardinale.

A differenza del passato, non si ricostruì sul danno, ma moltissimi paesi vennero trasferiti, tra cui Soverato; e i piani regolatori (tranne quello di Soverato! e qui malignate pure) vennero tracciati con il criterio romano dei castra: grandi strade perpendicolari, piazze, cura della salubrità dell’aria e del rifornimento idrico. Visitate Filadelfia, Borgia, Oppido M. eccetera. L’urbanistica delle località borboniche del XVIII secolo è da laurea con 110 e lode e bacio in fronte, mentre, per capirci, quella delle località repubblicane degli anni 1960 sulla nostra costa ionica è da bocciatura al primo anno del Geometra. Visitate le case una attaccata all’altra delle marine di Davoli, S. Sostene, Badolato… che, un disastro in sé, sono oro al confronto di Cutro, Strongoli, o Africo…

Si sono accorti poi dell’efficienza delle tecniche murarie. Ricordo a molti amici di averlo fatto notare loro durante le gite, che le vecchie case sono costruite con pietre, ma o intervallate a caso da cocci o, con maggiore regolarità, da file di mattoni, in genere tre: è un modo per rendere elastica la costruzione, e far sì che offra minore resistenza agli urti del sisma. Si faceva uso anche di intelaiature di legno o di canne: un sistema che da qualche anno hanno ripreso in Giappone al posto del ferro nel cemento armato. E bravi gli ingegneri di S. M. Ferdinando di Borbone, IV come re di Napoli, III come re di Sicilia, nel 1816 I come re del Regno delle Due Sicilie.

I terremoti causarono conseguenze sociali e politiche di segno contraddittorio: ma parlarne qui ci porterebbe qui fuori tema.

Ulderico Nisticò

 

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