L’ultima notte di Scolacium, volti d’autore – Boemondo I D’antiochia

Boemondo cercava l’impossibile.

Non viaggiava con la fantasia e viveva il mondo reale. Ricco di colori, di volti, di odori, di conquiste. La sua Puglia. Il suo sogno Bisanzio.

La vita gli aveva regalato tanto, perché era bello: “..perfettamente proporzionato e, si potrebbe dire, costruito conformemente ai canoni di Policleto..la sua pelle in tutto il corpo era bianchissima, e in volto il bianco era temprato dal rosso..”

Così scriveva la figlia dell’imperatore bizantino Alessio Comneno, Anna Comnena, quattordici anni, dalle parole più efficaci di un abile pennello.

Ma Boemondo non era soltanto affascinante.

“..era così fatto di intelligenza e corporeità..il suo ingegno era multiforme, scaltro e capace di trovare una via di fuga in ogni emergenza..”

Era il figlio di Roberto il Guiscardo, un normanno, erede quindi di una dinastia di strateghi e grandi conquistatori. La sua esistenza piena di vittorie e non senza sconfitte,, torna con Adelasia del Vasto ne “L’ultima notte di Scolacium”.

Rivedremo la sua bellezza, tra plastica fisicità e ombra volatile, nelle notti del nove e del dieci agosto, dove accadrà che uomini, fantasmi e luoghi, ritroveranno i loro destini fra realtà, invenzione e virtualità.

Spiriti volteggeranno su di noi con parole, note e sentimenti, come il vento tra le nuvole, e le loro vite s’infrangeranno fatalmente sul nostro tempo.

Boemondo I D’Antiochia, l’imponente Behemoth ci apparirà nella sua “terribilità” e doppiezza di modi, nella storia che per lui Francesco Brancatella, autore dell’opera per il soggetto e la sceneggiatura, ha reinventato: vivrà con la bella e volitiva Adelasia, zia acquisita, un amore mai esistito e forse per questo più suggestivo e toccante.

Il mondo normanno, algido in colori e povero di sole, umido come il muschio nei boschi e sanguigno come il carattere barbaro, amava le terre meridionali e l’Oriente.

Scendeva ai Sud, al richiamo irresistibile, caldo e luminoso di quei luoghi. Neanche Boemondo, e questa è storia vera, rimase indifferente alle terre ammalianti dai mari infiniti color azulete, giardini di dolci frutti e cieli splendenti di stelle.

Qui pulsava il pensiero precursore di un Mediterraneo e un’Europa uniti nelle culture e nelle diversità.

In nome di ciò e della sua personale ambizione imperiale, in realtà egli combattè la Prima Crociata, espugnò città, conobbe la desolazione della prigionìa, il sollievo della liberazione, l’incontenibile, violenta arsura di guerra e di rivalsa.

Ma nel racconto di Scolacium, la bramosia  estrema di colui che “..è del tutto simile all’imperatore, per valore e carattere..inferiore a lui solo per fortuna..” , si arricchisce di nuovi vissuti.

Il suo ritorno si nutre di una storia d’amore che seppur strategica e sconosciuta, ricostruirà ma solo per poco, la grande basilica e, spandendosi nell’aria, tra rami, illusioni e panneggi, scivolerà come storia vera e raggiungerà la nostra attesa d’emozione.

Boemondo, creatura dalle “risposte ambigue” e dai sentimenti intricati, tornando anche lui da fantasma, soccomberà nonostante l’ultimo disperato, surreale tentativo, alla verità storica di mille anni fa, che è quella del sogno infranto. Non d’amore, ma di un impero che non possedette mai.

  Vittoria Camobreco

 

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