Nella terra dei Feaci

teatrosoverato Iniziamo, ad ogni buon fine, dichiarando la che terra dei Feaci non è nessun luogo della Calabria (né Copanello né S. Eufemia né Tiriolo né Nardodipace né Crotone né Scolacio né tanto meno la Ravaschiera), anzi nessun luogo del mondo, e Ulisse è un sublime mito senza alcun riferimento a persone o fatti realmente accaduti, come si legge nei film. Per spegnere tutti gli entusiasmi dei grecisti della domenica, vi comunico che già nel I secolo aC si vantava fondata da Ulisse la città di Ascimburgo, che si trova tuttora nel Nord della Germania! E questo fia suggel ch’ogn’uomo sganni, bufalari compresi.

 Ma Ulisse è il mito eterno dell’uomo in quanto dissidio. Di lui Omero dice che “diàndikha mermèrixe”, pensò diviso in due parti, che è l’eterna angoscia e la grandezza dell’uomo moderno logico e razionale, sempre pervaso dal dubbio. Non è un eroe, Ulisse: gli eroi sono semplici, immediati, certi di sé, feroci, dominanti; egli, un re povero di solo dodici navi, senza antenati divini, è “polytlas”, colui che molto patisce, e la sua forza è reagire ai dolori e al male con l’arma dei deboli: l’intelligenza. Il nonno materno Autolico (“propriamente un lupo”) fu il più celebre degli uomini nel mentire e nel giurare, padre di ogni sofistica; e lo chiamò Odysseus perché era odiato da molti (odyssomai, odi del latino). Con l’inganno pone fine alla guerra di Troia che gli eroi non sanno vincere. Con l’inganno si preserva dai Lotofagi spacciatori di droga; e dal bestiale Polifemo…

 Come uomo, patisce la più sottile delle debolezze, l’amore. Ama sinceramente la sposa Penelope, e a lei preferisce ogni gloria e ogni altra donna: ma non sa sfuggire alla tentazione. Sette anni rimane “padrone e servo della bella Calipso”; e cade nelle braccia di Circe. La più forte tentazione è Nausicaa, la fanciulla in fiore, ancora abbastanza bambina per essere sfacciata e già abbastanza donna per piacere. Ma al padre di lei, il re Alcinoo, egli chiede il ritorno alla patria. A Nausicaa, e allo stesso Ulisse, resterà “la spina di ogni rosa”, un ricordo di amore impossibile. I soli amori impossibili sono quelli che non si vogliono.

 Cosa resterebbe della poesia mondiale se ne togliessimo le due tematiche folli della guerra e degli amori sbagliati? Questo è il messaggio di squisita poesia racchiuso nel mito di Ulisse.

 Poesia, che il Liceo Coreutico Musicale ha fatto diventare teatro con “Tu mi salvasti, fanciulla”, regia di Tonino Pittelli e Raffaella Campagna, coreografie di Caterina Pironaci, con una canzone originale di Alessandro Fortunato; il testo è di UN, con qualche reminiscenza del vecchio Omero.

 Il 21, nella ambito della rassegna “Salviamo le palme” voluta dal Commissario e dal Comitato Eventi e accortamente gestita da Maurizio Paparazzo, lo spettacolo, reduce da Torino come si sa, è stato presentato a un pubblico attento e a tratti commosso. Giusto ricordare i giovanissimi attori: Luana Carito (Arete), Martina Corrado (Calipso), Antonino De Moro (Ulisse), Nicole Leto (Atena), Eugenio Macrina (Alcinoo), Marco Mammolenti (Omero), Miriana Napolitano (Cassandra), Ivonne Paradiso (Voce solista), Maria Carmela Principato (Ancella), Miriana Sanso (Nausicaa), Laura Sia (Eudora).

 Mi piace riportare il giudizio di un’acuta osservatrice: le prime parole che sono uscite dalla mia bocca sono state: Rappresentazione fresca! Ottima l’idea di ambientarla ai giorni nostri creando uno spettacolo nello spettacolo. Credibili gli interpreti in entrambe le epoche. Scenografia essenziale ed efficace, niente distrazioni e molto ordine (nonostante fosse dal vivo). Cosa dire caro Prof. ha rispolverato un classico rimanendo fedele all’opera aggiungendo l’unica cosa che non aveva . la contemporaneità!”

 Simpatica dunque anche la premessa moderna, quasi autogestita dai ragazzi della Scuola con un bell’intervento delle ragazze di Beatrice Garzanti.

Ulderico Nisticò

 

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