Cinema in Calabria tra storia e industria

L’assenza di un libro che tratti in modo compiuto la storia del cinema calabrese mi ha indotto alla ricerca di circa 150 film a soggetto realizzati in Calabria tra il 1942 ed oggi. Il risultato di questa ricerca potrebbe costituire il materiale di base per scrivere una storia del cinema calabrese. Quindi esiste “un” cinema calabrese, cioè una vasta produzione di film realizzati e ambientati in Calabria. Quello che non esiste è “una storia” del cinema calabrese compiuta. E sebbene sia molto forte la percezione di un territorio le cui peculiarità paesaggistiche, storiche e ambientali sembrino essere quelle di una regione intesa come luogo di riprese, è molto difficile reperire l’intero corpo dei film da visionare (un catalogo si trova presso la Cineteca della Calabria). Tuttavia, analizzando il materiale raccolto, sono venuti alla luce una serie di riflessioni generali:

  – il cinema calabrese, in buona parte, riflette e rispecchia le contraddizioni e i ritardi della nostra regione, cioè della nostra realtà;

  – il cinema calabrese restituisce nel paesaggio, nei volti e nei colori un’identità precisa, delineando film dopo film un paesaggio inconfondibile;

  – il cinema calabrese suscita emozioni e sentimenti contrastanti che sono di rabbia, di fascinazione, di commozione ma anche di spietatezza di certi episodi.

 L’argomento è stato oggetto di analisi in interventi come La Calabria e il Cinema di Gian Paolo Callegari in “Almanacco Calabrese” 1954, o in saggi come La Calabria nel Cinema di Giovanni Scarfò, Il Dizionario del Cinema curato da Giuseppe Papasso, Schermi dell’utopia, Glossario di Isabella Marchiolo, e infine Elio Ruffo: tempo di cinema, A.A.V.V.  Ma non vi è una trattazione storiografica completa. Si potrebbero pensare diverse ipotesi metodologiche, per esempio, a una storia del cinema calabrese basata sui generi cinematografici. Il nostro è un territorio versatile e i temi trattati sono molteplici e abbracciano l’intero arco dei generi codificati: dal biografico all’antropologico, dal religioso all’esoterico, dal drammatico al grottesco, dal melodrammatico al politico, dal tema della migrazione a quello della commedia giovanile. Si potrebbe anche immaginare una storia basata su una periodizzazione: che non è del tutto arbitraria perché comunque analizzando i film ci accorgiamo di come si costituiscano degli accorpamenti non solo tematici quasi “naturali” di film e come altri invece segnino dei momenti di svolta, di transizione o di rottura da un decennio all’altro.

Per esempio, all’inizio le produzioni cinematografiche, mosse da motivi puramente commerciali e di cassetta, sull’onda della stagione neorealista italiana, (Riso amaro,ecc..), daranno vita attraverso i film degli anni 40 e 50 ambientati in Sila, a una rappresentazione della Calabria basata su un immaginario cinematografico senza dubbio ispirato alla realtà e destinato a riempire quel serbatoio narrativo a cui farà riferimento tutta la produzione successiva. Elementi costitutivi saranno le passioni forti di amore e di odio, il sesso, il tradimento, il delitto, il carcere e la vendetta. Si determina la creazione di uno schema narrativo ricorrente nella quasi totalità dei film di questo primo periodo. A questi temi si aggiungono il brigantaggio, l’onorata società, le condanne per delitti non commessi, un certo alone leggendario. Questo modus operandi segnerà e marchierà per sempre la rappresentazione della Calabria creando appunto un immaginario a cui attingere e una pseudo conoscenza stereotipata da cui sarà difficile prescindere. A questa fase se ne sovrapporrà un’altra dove la Calabria è vista nel cinema come terra di faide familiari, di lotte tra clan per il controllo del territorio, terra di sequestri di adulti e di ragazzi, l’essere testimoni involontari di omicidi e rese di conti, la scoperta dei luoghi dove sono tenuti prigionieri i sequestrati, le fughe per non essere fatti fuori, in altre parole il crimine organizzato di cui molti di questi film testimonieranno l’irrompere sulla scena sociale. E’evidente che a un certo punto esploda l’esigenza da parte di alcuni registi soprattutto autoctoni di raccontare un’altra Calabria, qualunque essa sia, nella quasi impossibilità da parte loro di farsi sentire, di penetrare una muraglia predefinita di aspettative e di codici narrativi schematizzati. Emerge, infine, una terza ipotesi storiografica: da un lato in buona parte del cinema calabrese è riscontrabile una specie di paradossale quanto involontaria “agenzia promozionale” della criminalità organizzata (antesignano: Il Brigante Musolino di Mario Camerini) come “mito” o “archetipo tragico”. Dall’altra, e parallelamente, esiste una vasta produzione di film come intento altrettanto generoso di “cinema d’autore (antesignano: Il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini). Infine, tra le due visioni, vi è un tentativo di metacinema, la ricerca del compromesso, la sintesi tra primo e secondo aspetto (antesignano: Una rete piena di sabbia di Elio Ruffo).

Il rapporto con il cinema in Calabria ha subito nel corso degli anni un’evoluzione e una mutazione: in una prima fase, la produzione è stata occasionale, direi, opportunistica sotto l’aspetto commerciale; poi, si assiste a un processo accademico/istituzionale con l’avvio del DAMS, della CINETECA, della FILM COMMISSION e con l’attenzione della FICTION TELEVISIVA RAI e MEDIASET. Nel 2008 nasce il Corso di Laurea Interclasse in Comunicazione e DAMS all’interno della Facoltà di Lettere e Filosofia, dalla fusione dei corsi di laurea in Discipline delle arti, della musica e dello spettacolo e in Filosofie e scienze della comunicazione e della conoscenza. Il primo, noto sul territorio calabrese e italiano come DAMS, si distinse per essere stato sin dalla sua istituzione, nei primi anni ’90, il secondo corso di laurea in Italia, dopo quello di Bologna, a predisporre una variegata proposta formativa legata alle discipline cinematografiche, musicali e teatrali.

Costituita nel 1998 con sede a Catanzaro, la CINETECA REGIONALE DELLA CALABRIA opera nel cinema spaziando dalla conservazione, alla ricerca, alla formazione, alla promozione, alla produzione di tutto ciò che renda protagonista il territorio. Ne fanno parte operatori culturali, storici, ricercatori, cinefili, attivisti e collezionisti di tutta la regione. Dagli Incontri Cinematografici Silani, al festival Tutti i Sud del mondo, alle produzioni indipendenti, delle quali la più famosa resta Melissa 49/99 premiata al Festival di Salerno 2002. Oggetto di studi e tesi da parte dell’Università della Calabria, la Cineteca è sempre attiva con progetti di recupero e di lotta alla dispersione della memoria storica. La Cineteca ha recuperato nei propri archivi, ristampandoli e digitalizzandoli, i dieci documentari che Vittorio de Seta ha girato tra Calabria, Sicilia e Sardegna tra 1954 e 1959, avviando anche un itinerario specifico, con Luigi di Gianni, su cinema di ispirazione antropologica e documentario etnografico. Attualmente sta restaurando le opere di Elio Ruffo.

Arriviamo alla Calabria della “grande fiction”. La regione per una serie di fattori concomitanti ha acquisito una maggiore consapevolezza delle potenzialità cinematografiche e il rapporto con il cinema non vuole essere più occasionale. Un fattore determinante sarà la presenza ai vertici di RAIFICTION di un calabrese, Agostino Saccà, che darà impulso a realizzare delle serie televisive nella regione come: LA VOCE DEL SANGUE 2001 in 2 episodi da 100 minuti con Franco Nero, GENTE DI MARE 2005/07 di Peyretti e De Sisti, in 13 episodi da 50 minuti con Lorenzo Crespi e Vanessa Gravina. Intanto, appare più condivisa la necessità di non cadere nei soliti schemi stereotipati e si vuole puntare sui buoni sentimenti e su un Aspromonte non proposto come terra di sequestri. L’UOMO CHE SOGNAVA CON LE AQUILE 2005 di Vittorio Sindoni con Terence Hill. ARTEMISA SANCHEZ 2008 di Antonio Lo Giudice, 4 episodi da 90 minuti con Michelle Bonev e Fabio Fulco dal romanzo di Santo Gioffrè. Resta ancora un mistero come Saccà non abbia attivato la realizzazione di una serie su San Francesco di Paola nell’anno in cui ricorreva il quinto centenario della morte (+ 1507)!

Altro elemento è l’istituzione nel 2006 della FONDAZIONE CALABRIA FILM COMMISSION per l’audiovisivo la cui missione è creare un precedente virtuoso dal quale partire per sviluppare una fase pre-industriale del rapporto tra la Calabria e il cinema. Il compito e l’intento è quello di offrire supporti tecnici e logistici alla varie produzioni dalle fiction RAI, alle produzioni cinematografiche e alle piccole produzioni locali. Come si vede, l’intervento dello Stato è andato progressivamente crescendo in un primo momento attraverso il servizio pubblico RAI che realizza dei film tv, poi con delle fiction seriali, quindi con l’istituzione della Film Commission.

Infine, la fase attuale proiettata verso l’implementazione di un’ “industria dell’audiovisivo intesa come sistema” alla stregua di quello che è stato già fatto in Sicilia, Puglia e Basilicata così articolata:

  • un Accordo di Programma Quadro cioè un programma di attività denominato “Sviluppo dell’industria audiovisiva nel Mezzogiorno”;
  • l’attivazione di filiere parallele: coinvolgimento di assessorati e agenzie di turismo e di attività produttive, di artigianato, di formazione di competenze locali;
  • l’attivazione di attività parallele: itinerari cineturistici e product placement.

In conclusione, quindi, un cinema che è cresciuto senza un progetto culturale organico di base ma alla rinfusa e in maniera tanto spontanea quanto “selvaggia”. Tuttavia, va riconosciuto che in questa crescita senza padri ha cercato una propria identità, da una parte adattandosi alle leggi di mercato e, dall’altra, reagendo alla standardizzazione. Cogliendo raramente le opportunità, subendo ricatti, nascondendosi spesso dietro alibi di denuncia sociale e adeguandosi alle mode: quello che succede in tutti i mercati dell’industria culturale.

Maurizio Paparazzo

cinemacalabria

 

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