Caso Fabiana – Una calabrese orgogliosa di esserlo

Giusi Militano

Giusi Militano

Leggendo il pensiero di Francesca sono rimasta senza parole (leggi la lettera ndr). E Vi assicuro che ciò accade raramente. Forse la difficoltà sta nel riuscire a rispondere in modo esaustivo ad un’espressione di qualunquismo allo stato puro. Ho pensato a lungo a ciò che ha scritto ed ho cercato una risposta al suo comportamento.
Cominciamo dall’inizio.
Francesca, probabilmente, nasce in un piccolo paese della Calabria in una famiglia che – imbrigliata in un retaggio culturale di altri tempi – non ha gradito molto una femminuccia alla quale, “per voto”, ha dato il nome del Santo. Probabilmente è anche arrabbiata con la mamma perché è lei che in casa porta i pantaloni, perchè s’intromette nelle sue scelte e perché vuole decidere per lei. Immagino che abitare in un piccolo paese possa far nascere la sensazione (spesso anche la certezza) di vivere una vita perennemente esposta al giudizio della comunità; credo non sia facile pensare che il vero tribunale sia il pensiero di ciò che dice la gente. Forse Francesca (così come Silvia di Massa Lombarda) nel suo ambiente si è sentita soffocare o forse la mamma ha deciso di “metterla” su un pullman direzione Roma. Arrivata lì ha scoperto che se fosse nata a Roma avrebbe potuto raccontare tranquillamente ai suoi genitori delle scorribande amorose (anche se dubito che un genitore “del nord” faccia i salti di gioia dopo certe confessioni!) senza avere il timore di deluderli. Mi dispiace pensare che Francesca sia cresciuta in una famiglia che le diceva “cittu ca tu si fimmina, non su così pi tia” e spero che almeno non abbia visto azioni violente all’interno delle mura domestiche; in ogni caso ha visto lavare i panni sporchi. Oggi Francesca dice di esser pronta a parlare di tutto, con una mentalità aperta che non ha nulla a che vedere con quella in cui è cresciuta. Eppure non mi sembra che sia così, non mi pare che la sua mente si sia aperta perbene altrimenti non avrebbe dato libero sfogo a tutte queste generalizzazioni. Sono nata 33 anni fa in Calabria e sono pronta a giurare che la mia terra non è questo; è anche – parzialmente – questo. Ho vissuto in Emilia Romagna ed ora in Toscana e non perché sia scappata, ma perché sto aspettando il momento giusto per tornare. Nessuno mi ha costretto a salire sul pullman diretto a Bologna, era giusto partire per acquisire conoscenze e buone prassi da riportare in dono alla mia amata Calabria. La mia terra mi manca, mi mancano gli affetti, mi manca il mare, mi mancano i colori, gli odori, la gente, mi manca il poter tornare a casa nel cuore della notte senza avere paura. Non sono ancora madre e non so se sono pronta ad esserlo lontana dalla Calabria, lontana dal calore della famiglia e della comunità. Sono stufa di leggere pensieri sterili, riduttivi e fuorvianti. I problemi in Calabria ci sono … eccome, ma sono ben altri. Francesca, a mio avviso, avrebbe fatto meglio a cercare un po’ di visibilità in un altro modo e non calandosi nei panni della “francese” Carla Bruni. In fondo, le sue origini le hanno dato la spinta per arrivare al punto in cui racconta di trovarsi oggi. Avrei trovato interessante, invece, il racconto di come abbia fatto la “nostra” giovane calabrisella ad arrivare a ricoprire il suo ruolo. Avrebbe potuto raccontarci i passaggi, darci consigli, darci speranza, mostrare che la Calabria è anche altro, che è una terra meravigliosa abitata sia da gente perbene sia da delinquenti…più o meno come avviene in tutti i paesi del mondo. Io non riconosco la mia terra nel racconto di Francesca, non riconosco i valori che mi sono stati insegnati, non riconosco né la violenza di genere tantomeno quella domestica. Quello che vedo è una ragazza, probabilmente con un’infanzia da dimenticare, che si permette – come tanti altri – di togliersi un po’ di fango da dosso per lanciarlo addosso a chi non ne ha.
L’emancipata dovrebbe scusarsi, prima di tutto, con Fabiana e poi con chi con il suo dolore (e la sua Calabria) non c’entra niente.

Una calabrese orgogliosa di esserlo.

Giusi Militano

 

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